La calligrafia del versetto delle disposizioni mariane nelle moschee ottomane

Ismail TaspinarProf. Dr. Ismail Taspinar
Professore di Storia delle Religioni

 

From Islam a voice on beauty, dedicated to the study of calligraphies present in the front niches of Ottoman mosques, which tell of the visit to the oratory (mihrâb) of the Virgin Mary by Zechariah. These calligraphies, seen in their historical, theological and political context, reveal symbolisms strictly connected to the Roman heritage, then transferred and reread in a new way by the Muslim culture.

La calligrafia ornamentale, utilizzata nelle moschee ottomane, ha sempre avuto connotazioni politico-religiose diverse a seconda delle circostanze dell’ambiente e del tempo in cui sono state create. Abbiamo già cercato di far luce e analizzare gran parte degli ornamenti calligrafici delle moschee ottomane in base al loro contesto storico in uno dei nostri articoli sull’argomento1. Tuttavia, abbiamo omesso una di queste calligrafie che richiedevano maggiore attenzione. La calligrafia più maestosa delle moschee ottomane, che sarà oggetto di questo articolo nei paragrafi seguenti, è senza dubbio la calligrafia che si trova sopra la nicchia anteriore della moschea. Rappresenta il ‘mihrâb’2. Tutti i mihrâb delle moschee diffuse in tutto il mondo musulmano di solito hanno, in un modo o nell’altro, una di queste due calligrafie utilizzate per decorare questa parte frontale della moschea. In alternativa/altrimenti, è il versetto che comanda di rivolgersi, durante la preghiera, alla Moschea Sacra (Masdjid al-Haram) che si trova alla Mecca: “Allora punta il tuo volto verso il lato della Santa Moschea3 “; oppure, è una parte del versetto che racconta della visita da parte di Zaccaria dell’oratorio (mihrâb) della Vergine Maria che si trova al Santuario: Ogni volta che Zaccaria entrava nel Santuario trovava cibo presso di lei. Disse: «O Maria, da dove proviene questo?». Disse: «Da parte di Allah».4 Ciò che è interessante è che in generale tutte le moschee reali (Salatin) dell’Impero Ottomano hanno sempre usato il versetto che racconta della visita all’oratorio (mihrâb) della Vergine Maria da parte di Zaccaria. Perché questa insistenza, specialmente da parte delle moschee reali ottomane, di usare questo versetto? C’è un collegamento con le “disposizioni divine” fatte alla Vergine Maria nell’oratorio del Santuario secondo il Corano e la dedicazione di Costantinopoli e Roma alla Vergine Maria secondo la tradizione cristiana? In che modo la tradizione e l’esegesi musulmana hanno interpretato questo versetto? Qual è il legame tra la Vergine Maria e queste città nella storia cristiana? Come è stata immaginata e formulata questa connessione nelle icone e nelle immagini delle tradizioni cristiane orientali e occidentali? E infine, come è stata accolta e formulata dalla tradizione musulmana questa immagine mariana della tradizione cristiana e trasferita a un’altra lettura teologico-politica musulmana per materializzarsi finalmente in calligrafia nelle moschee ottomane? L’obiettivo di questo contributo è quello di una contestualizzazione nella storia (individuare cosa nella storia?) per comprendere meglio questa scelta calligrafica da parte degli Ottomani dell’ornamento della nicchia frontale (il mihrâb) delle moschee reali, e di analizzarla dal punto di vista teologico-politico, come si faceva per gli altri ornamenti.5

I. La Vergine Maria e la mela come simboli della protezione delle città romane

L’imperatore Costantino avrebbe dato per decreto (336) alla giovane capitale, il nome ufficiale di ‘Seconda Roma’. Più tardi, troviamo il termine ‘Nuova Roma’ della metà del V secolo. Questo decreto gli conferiva non solo i diritti, ma anche i privilegi dell’antica Roma. Tuttavia, il nome che ha prevalso è stato quello della “Città di Costantino” che sarà tradotto con “Kostantiniyye” in caratteri arabi. La città di Roma era sotto la protezione della dea Tyche (dea protettrice delle città romane) prima di essere sotto la protezione della Vergine Maria. Durante l’inaugurazione ufficiale e l’insediamento delle autorità pubbliche l’11 maggio 330, il momento significativo di questa inaugurazione fu la statua in legno dorato dell’imperatore che portava con la mano destra una statuetta che rappresentava la dea Tykhe della città, anch’essa dorata. Fu trasportata all’Ippodromo, tra gli applausi degli spettatori. La città sarà consacrata da Sopater che si era trasferito a Costantinopoli, secondo la tradizione pagana e sarà dedicata alla dea Tyche di Roma, che già ottenne la dea Tyche di Bisanzio. Così, Costantinopoli sarà posta sotto l’egida di questa dea Tyche trasferita da Roma e otterrà il nome di ‘Anthousa’ o Fiorente6. Dopo l’ufficializzazione della religione cristiana, questa credenza popolare del paganesimo romano della Tyche come dea protettrice della città fu trasferita alla Vergine Maria come Madre di Dio secondo il Concilio di Efeso (431). Questo trasferimento degli epiteti delle dee pagane è stato guidato dalla Chiesa attraverso una teologia della sostituzione.

Il simbolo della Vergine Maria come protettrice della città di Roma era anche molto presente nella cultura cristiana già nel VII secolo. Secondo la Leggenda Aurea di Giacomo di Varagine, è portando in processione l’immagine della Vergine Maria che Gregorio Magno ottiene il miracolo che libera Roma dalla peste7. Durante il secondo assedio di Costantinopoli da parte degli arabi (717-718), Leone III usò tutte le armi a sua disposizione. Le forze arabe, decimate dalle malattie e dalla fame, avevano ricevuto l’aiuto di due flotte per compensare le perdite. Leone III riesce a distruggerle. Costantinopoli può ora essere rifornita senza intoppi. L’imperatore non esitò ad utilizzare l’elemento religioso, in particolare l’appassionata devozione che gli abitanti della capitale dedicavano alla loro protettrice che era la Vergine Maria, la Théotokos o Madre di Dio per i bizantini8. La tradizione ortodossa ha mantenuto la data del 15 agosto, data della sconfitta degli arabi coincidente proprio con il giorno della festa della dormizione della Vergine Maria. Questo mostra chiaramente il merito della Theotokos (Madre di Dio).9

Così, diversi tipi iconografici della Beata Vergine Maria derivano da antichi tipi di dee precristiane. La Vergine Maria con la mela rappresenta uno di questi tipi. Con l’inizio dell’arte medievale, le immagini religiose raffigurano Maria in diverse caratteristiche e pose che ricordano i tipi di Giunone, Venere, Iside, le Dee Madri della Gallia, ecc. Una volta fatta l’assimilazione, il tipo cristiano viene mantenuto e sviluppato secondo la tradizione e le interpretazioni della teologia10. L’oggetto della dedicazione di Costantinopoli alla dea Tyche era rappresentato da un globo tenuto dalla dea. È questo globo che sarà interpretato da una ‘Mela Rossa’ o ‘Mela d’Oro’ secondo la tradizione turca di cui l’Impero Ottomano sarà il rappresentante per eccellenza. Più tardi, la città dovette cambiare il suo protettore in conformità con le credenze cristiane, ora in vigore. La città era “fondata e risuscitata da Cristo e preservata grazie alla sua Santissima Madre”. Così, la Madre di Dio aveva assunto le funzioni di Tyche e il globo sarà trasmesso alla Vergine Maria tenendo il bambino Gesù sulle ginocchia. Sono almeno due le immagini collocate nel Vestibolo Sud della Moschea di Santa Sofia, l’offerta in cui sono illustrate la dedica della Basilica di Santa Sofia e la dedicazione di Costantinopoli stessa. In questa immagine, la Vergine occupa il posto che legittimamente apparteneva al ‘Patrono’ della chiesa. A questo si aggiungono diversi miracoli riguardanti la protezione della città dai nemici che sono attribuiti all’intercessione della Vergine Maria. Gli scrittori bizantini lodavano Maria, “governante della guerra”, “potere”, “vittoria” e “bastione”11.

Vestita da imperatrice negli affreschi, la Vergine troneggia a Bisanzio all’inizio del Medioevo. Le immagini mariane vengono gradualmente messe al servizio dell’ideologia della sovranità, definita come regalità sacra12.

D’altra parte, un’altra “mela d’oro” che simboleggia il potere e il dominio del mondo era il globo di rame dorato tenuto nella mano sinistra della statua di Giustiniano, eretta su una colonna di fronte alla Basilica di Santa Sofia. Questo globo è stato interpretato come un simbolo della dominazione universale dell’imperatore romano13. Durante il terremoto del 478, il globo della statua di Costantino al Foro cadde. Questo evento sarà interpretato come il segno della fine dell’Impero Romano. La forma sferica della mela ne fa un simbolo cosmico ed è per questo che imperatori e re sono rappresentati tenendo in mano, accanto al loro scettro, un globo imperiale a forma di mela, che dovrebbe simboleggiare il mondo14. Va notato che il globo che simboleggia il dominio universale sarà rappresentato dalla mela nella mano di Gesù. La somiglianza con la mela è così grande che il globo sormontato dalla croce, il Reichsapfel o “Mela dell’Impero tedesco”, era uno dei segni dell’imperatore tedesco. Infatti, quando Gesù Cristo tiene un globo nella mano sinistra, come nel ricco reliquiario di Carlo Magno che si trova nella cattedrale di Aachen (XIII secolo), mostra che lo ha ereditato dagli imperatori romani. Su un altro lato dello stesso reliquiario, la Beata Vergine siede come regina, il bambino Gesù in grembo, raffigurata come ‘Vergine con la mela’.15

Così, ‘il globo’, riconosciuto come simbolo della dedicazione della capitale dell’Impero Romano che è Costantinopoli alla Vergine Maria come protettrice e combattente (sovrana di guerra, bastione, vittoria, ecc.), sarà recuperato e trasferito dalla tradizione musulmana turca e, più precisamente, dall’Impero Ottomano come le “disposizioni divine” concesse alla Vergine Maria e simboleggiate dalla Mela d’Oro (Kizilelma).

II. Il Mihrâb e il simbolismo delle disposizioni divine di Maria secondo il Corano

Il mihrâb è la nicchia che si trova sulla parete frontale della moschea e indica la direzione della Mecca. Anche se la parola appare cinque volte nel testo rivelato, il suo significato è assente nel Corano. Di solito è abitualmente utilizzato per designare il “Santuario”. Questa traduzione della parola va in parallelo con l’uso del termine nell’Arabia preislamica in una serie di iscrizioni datate tra il IV e il V secolo. Il termine si riferisce a un edificio, un oratorio, un luogo di isolamento, un luogo elevato e nobile, la parte del palazzo dove risiede il principe o una nicchia in cui è collocata una statua. Alcuni di questi significati si ritrovano nelle citazioni del Corano. Secondo la tradizione, il primo mihrâb costruito in una moschea fu quello di Medina che risale al tempo del califfo omayyade al-Walid (morto nel 715)16. È questa parola “mihrâb” che sarà mantenuta per designare la nicchia frontale delle moschee. L’ornamento sul mihrâb sarà illustrato da diverse cornici di frasi scelte dal Corano a seconda del contesto. Una di queste frasi, che è oggetto del nostro articolo, è il versetto che racconta la visita da parte di Zaccaria dell’oratorio (mihrâb) della Vergine Maria che si trova al Santuario:

Ogni volta che Zaccaria entrava nell’oratorio del Santuario (mihrâb) per lei, trovava in lei una disposizione. Egli disse: “O Maria! Come ti succede?” Ella risponde: “Questo viene da Allah!”17

È la parte “Ogni volta che Zaccaria entrava per lei nell’oratorio del Santuario (mihrâb)”(Kullamâ dahala alayhâ Zakariyyâl-mihrâb) che sarà usata negli ornamenti del mihrâb.

 

mihrab
Il mihrâb della Moschea di Santa Sofia (XV secolo)
con il versetto della visita di Zaccaria all’oratorio della Vergine Maria.

Il Corano menziona vari frutti celesti preparati per coloro che avranno il diritto di entrare in Paradiso. Questi frutti sono dattero, oliva, uva, melograno, ciliegia e banana. D’altra parte, nel versetto che racconta della visita di Zaccaria, “il provvedimento divino”(rizkan) concesso a Maria non è specificato. Questa mancanza di precisione ha portato i commentatori del Corano a interpretare questa parola. Tutti hanno accettato di tradurla con “frutto”. Tuttavia, non specificano che tipo di frutto è. Secondo questi commentatori, le disposizioni concesse a Maria nel Santuario, che probabilmente era il Tempio di Gerusalemme18, erano frutti estivi durante le stagioni invernali e frutti invernali durante le stagioni estive. In ogni caso, ciò che era certo era che si trattava davvero di frutti.19

Sempre secondo questi commentatori, questi frutti concessi alla Vergine Maria erano “i frutti” della sua lotta interiore. Maria era sotto la tutela di Zaccaria e trascorreva tutto il tempo nel suo oratorio (mihrâb) che si trovava al Santuario. La parola ‘mihrâb’, che è la traduzione dell’oratorio dedicato alla preghiera e all’invocazione divina, significa anche ‘il luogo della battaglia’. Ma questa lotta, condotta dalla Vergine Maria, non può che essere spirituale. Infatti, secondo la tradizione musulmana, Maria fu dedicata al Santuario da sua madre Anna per consacrarsi all’invocazione divina nell’oratorio20 . Maria aveva dedicato tutto il suo tempo a invocare e pregare Dio. La sua consacrazione e le sue pratiche spirituali furono concepite come battaglie spirituali contro i vizi e le forze del male. Così, i ‘frutti divini’ concessi a Maria erano proprio la ricompensa per la sua lotta contro i vizi e le forze del male. Questa esperienza di Maria è stata interpretata dai commentatori come una realtà e una pratica divina secondo la quale ogni sforzo spirituale ha una ricompensa materiale o un ‘frutto’.21

VM
La Vergine Maria e il bambino Gesù che tengono insieme una mela in mano in miniatura persiana.

Poiché la battaglia spirituale di Maria nel suo ‘campo di battaglia’ (mihrâb) ha portato ad una ricompensa divina e materiale, la battaglia che sarà condotta in nome di Dio dai soldati del califfo, rappresentanti per eccellenza di Dio, sarà così ricompensata con conquiste ‘divine’ di terre e paesi. In effetti, è questa dimensione della “ricompensa materiale” che terrà l’attenzione dei sultani e dei califfi ottomani.

III. Il mito della mela d’oro e la calligrafia mariana come simboli del trasferimento dell’eredità romana

La catena diretta di contatto dei governanti musulmani, con la cerchia dei dirigenti bizantini e le élite costantinopolitane, era la diplomazia. Le corrispondenze diplomatiche e gli scambi di ambasciatori hanno sempre avuto fin dall’inizio una connotazione di duello ideologico. Almeno, questo era il caso degli imperatori arabi nella tarda antichità e nel Medioevo. La funzione dei doni diplomatici scambiati stimolò la rivalità culturale e religiosa tra i governanti arabi e bizantini. La lettera diplomatica era uno di quei mezzi di contatto usati come intermediario di esortazione ai governanti bizantini ad abbracciare l’Islam. Questa usanza, secondo la tradizione, risale al tempo del Profeta che aveva inviato lettere all’imperatore Eraclio di Bisanzio. Secondo le fonti, questo invito diplomatico all’Islam rimase in tutte le successive lettere inviate dai califfi agli imperatori bizantini. Così, nel IX secolo, questa consuetudine diplomatica assumerà già una nuova dimensione teologica fino a organizzare le dispute religiose alla corte imperiale. Questo, solo per mostrare la superiorità dell’Islam nei confronti del cristianesimo e del potere musulmano contro il potere cristiano22. Questa dimensione diplomatica della teologia della sostituzione del cristianesimo era presente nei versetti del Corano23. In effetti, è questa dimensione teologica che sarà recuperata e formulata come un’ideologia di sostituzione del potere romano da parte dell’Impero ottomano. Essendo l’Islam considerato come l’unica (religione) erede legittima del Cristianesimo, il califfo musulmano sarà quindi l’unico erede legittimo del potere cristiano, vale a dire l’Impero Romano.

Oltretutto, questa legittima rivendicazione del patrimonio culturale non è presente solo nella cultura religiosa, ma anche negli edifici architettonici dai primi incontri nell’VIII secolo al tempo dei primi califfi omayyadi. Ad esempio, la Cupola della Roccia a Gerusalemme costruita nell’VIII secolo dal califfo omayyadi Abdulmelik bin Marwan contiene diversi versi su Gesù e la Vergine Maria. Ciò dimostra l’affinità della cultura musulmana dei primi secoli con il culto di Maria presente nel mondo cristiano.24

Mihrab
Il mihrâb della Moschea del Sultano Ahmet (XVII secolo)
con il versetto della visita di Zaccaria all’oratorio della Vergine Maria.

Questa ideologia di sostituzione avrà la possibilità di combinarsi con l’ideologia tradizionale dei turchi della “mela rossa” o “mela d’oro” (Kizilelma) degli ottomani. Il mito della Mela d’Oro nella tradizione turca a partire dagli Oghuz dell’Asia centrale, dai Selgiuchidi e infine dagli Ottomani, era il simbolo della conquista dell’Impero Romano e dell’Impero di Bisanzio. Questo mito era concretizzato dalla Mela d’Oro. L’ideologia della ricerca della mela d’oro, che spingeva le truppe del Sultano verso l’Europa, si basava su questo mito. Questo, simboleggiato dalla Mela d’Oro, sarà valorizzato in simbiosi con la provvidenza divina che sono ‘i frutti mariani’ del Corano per legittimare le conquiste delle città simboli della cristianità. In altre parole, Costantinopoli (Kostantiniyye) come città del potere imperiale e Roma come capitale del papato (Rim Papa). Due città sotto la protezione della Vergine Maria e simboleggiate dalla mela25. La mela d’oro come simbolo del mondo romano e la mela rossa della Vergine Maria come simbolo della dedicazione delle città di Costantinopoli e Roma erano già presenti nella cultura cristiana come descritto sopra. Di conseguenza, l’assimilazione del mito della mela d’oro / mela rossa della tradizione turca con la mela d’oro dell’Impero Romano e la mela rossa della Vergine Maria è stata una transizione naturale da parte degli ottomani. Questo patrimonio o possesso legittimo per eccellenza del patrimonio romano, è stato riprodotto nei ritratti degli otto sultani ottomani, che si trovano nel Museo del Palazzo di Topkapi, tenendo in mano una o talvolta due mele.26

Selim
Sultano Selim I (1512-1520) con le mele d’oro in mano.

Questo favoloso frutto, rappresentato dalla Mela d’Oro come simbolo della città da conquistare, era anche considerato come la dominazione universale del sultano. Pertanto, la mela d’oro non è solo il simbolo della conquista delle città cristiane dell’Impero Romano, ma anche della conquista del mondo intero. Così il tema che è attestato dal più antico testo di Saltuknâmeh che risale al XV secolo racconta la vita di Sari Saltuk, l’eroe semi-leggendario e santo patrono dei primi conquistatori turchi dell’Europa orientale: “Non importa dove vai, la conquista e la vittoria saranno tue; sarai in una posizione di forza. Da lì conquisterai l’est e l’ovest, il nord e il sud, i quattro angoli così come la terra e il mare. Vincerete tutti coloro che abitano questa terra e prenderete questi luoghi. Da lì, camminerai di nuovo e la tua generazione conquisterà anche la Mela Rossa. Il mondo intero sarà sottomesso a te”.27

Questo tema, che è molto presente nella cultura militare ottomana, mostra quanto la mela della Vergine Maria, simboleggiando il patronato e la protezione delle grandi capitali cristiane almeno dall’VIII secolo, sia assimilata al mito della mela d’oro o mela rossa nel Medioevo. L’Islam, come religione, e di conseguenza l’Impero Ottomano, come stato del califfato dei musulmani che rivendicano la legittimità sull’eredità del Cristianesimo hanno avuto un effetto considerevole sull’adozione e l’islamizzazione di questo patrimonio.

Così, la dedicazione di Costantinopoli, di Roma e dell’intero Impero Romano alla Vergine Maria fatta dagli imperatori cristiani, fu recuperata attraverso una rilettura ideologica dei versetti e della tradizione musulmana per assumerla infine nella nuova cultura imperiale araba e poi ottomana. Pertanto, le divine disposizioni spirituali/religiose e materiali offerte alla Vergine Maria come ricompensa per la sua guerra spirituale nel suo oratorio privato presso il Santuario, sono state interpretate in modo teologico-politico come legittima eredità dell’Impero Romano dedicata alla Vergine Maria dai califfi arabi e dai sultani ottomani. Questa rivendicazione dell’eredità mariana da parte dell’Impero Ottomano, come lo stato del califfato e il califfo considerato legittimo protettore del deposito religioso, è stata valorizzata e concretizzata dall’ornamento usato nelle cornici sulla parte più maestosa delle moschee imperiali che è la nicchia frontale, il mihrâb.


Bibliografia

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5. Enciclopedia dei Simboli,ed.: Michel Cazenav, Torino 1999.
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7. Le Qur’an des Historiens, Commentary and Analysis of the Quranic Text, Volume: 2a, ed. Mohammad Ali Amir-Moezzi – Guillaume Dye, Parigi 2019.
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10. Jean Chevalier – Alain Gheerbrant, Dictionnaire des Symboles, Parigi 2017.
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13. Arthur Frolow, «La Dédicace de Constantinople dans la Tradition Byzanrine», Revue de l’Histoire des Religions, Parigi1944, v. 127, n.: 1/3, pp. 61-127.
14. Norman H. Baynes, ‘I difensori soprannaturali di Costantinopoli’, Analecta Bollandiana, numéro: 67, 1949, pp. 165-177.
15. Guillaume Dye, “La teologia della sostituzione dal punto di vista dell’Islam”, Ebraismo, Cristianesimo, Islam. Entre Théologie de la Falsification et th”ologie de la Substitution, édit.: Didier Devillez, Bruxelles 2010, pp. 85-103.
16. Jakub Sypianski, ‘Comprendere i saraceni’ a Bisanzio nella prima metà del IX secolo’, From Constantinople to Frontier: The City and the Cities, Leiden 2016, s. 277-293.
17. Cyril Glassé, Dictioannaire Encyclopédique de l’Islam, Parigi 1991.
18. Oleg Grabar, The Dome of the Rock, Londra2006.
19. Orhan Shaik Gokyay, ‘Mezzaluna Rossa’, Turkish Religious Foundation Islamic Encyclopedia, Ankara2002, t. 25, pp.: 559-561.
20. Dictionnaire du Koran, ed.: Mohammad Ali Amir-Moezzi, Parigi 2007.
21. Michel Kaplan, Perché Bisanzio? Un impero dell’undici secolo, Parigi 2016.
22. Raymond Janin, Costantinopoli bizantina, Parigi 1950.
22. Ismail Taspinar, ‘Relazioni Interculturali nello Spazio Mediterraneo: Il Simbolisme della Moschea’, Arte e Dialogo nel Mediterraneo, Napoli 2020.
23. Ismail Taspinar, ‘Les Calligraphies Théologico-Politique des Mosquées Ottomanes’, Arte e Teologie, numero.: 1, Napoli 2021, https://www.artiteologie.it/les-calligraphies-theologico-politique-des-mosquees-ottomanes/
24. John V. Tolan, Saracens, Islam in the Medieval European Imagination, New York2002.
25. Enciclopedia dei Simboli, ed.: Michel Cazenave, Torino 1996.
26. Mukâtil Bin Sulaymân, Tafsîr Muâtil Bin Sulaymân, ed.: Abdullah Mahmud Chahhâta, Beirut 2002, t. 1, p. 272-273.
27. Muhammad Bin Djarîr at-Tabarî, Djâmiul Bayân an Ta’vîl Ây al-Kur’ân, ed.: Abdullah Bin Abdulmuhsin at-Turkî, Cairo 2001.
28. Ismail Hakki Bursevî, Kitâbü’n-Netîce, trad.: Ali Namlı, Istanbul 2019.

Dall’Islam una voce sulla bellezza, dedicata allo studio delle calligrafie presenti nelle nicchie frontali delle moschee ottomane, che raccontano della visita all’oratorio (mihrâb) della Vergine Maria da parte di Zaccaria. Queste calligrafie, viste nel loro contesto storico, teologico e politico, rivelano simbolismi strettamente collegati all’eredità romana, poi trasferiti e riletti in modo nuovo dalla tradizione cristiana e in seguito dalla cultura musulmana.


NOTE

1. Voir: İsmail Taspinar, ‘Les Calligraphies Théologico-Politique des Mosquées Ottomanes’, Arte e1 Teologie, numéro.: 1, Napoli 2021, https://www.artiteologie.it/les-calligraphies-theologico-politique-des-mosquees-ottomanes/
2. Ce lieu où l’imam préside la prière dans les mosquées.
3. Vedi: İsmail Taspinar, ‘Theological-Political Calligraphy of the Ottoman Mosques’, Arte e Teologie, numero.: 1, Napoli 2021, https://www.artiteologie.it/les-calligraphies-theologico-politique-des-mosquees-ottomanes/
4. Luna Sura La famiglia di Imran (Âl-i Imrân, 3) nel versetto 37.
5. Per un’analisi fenomenologica della nicchia frontale o del mihrâb si veda il nostro articolo: Ismail Taspinar, ‘Relazioni Interculturali nello Spazio Mediterraneo: Il simbolismo della Moschea’, Arte e Dialogo nel Mediterraneo, Napoli 2020, p. 123-142.
6. Raymond Janin, Constantinople Byzantine, Paris 1950, p. 28-32.
7. Raymond Feto Costantinopoli Bizantina, Parigi 1950, p. 28-32.
8. Jérôme Pallacanestro Iconografia medievale, Parigi 2013, p. 19.
9. Gabinetto V. Tolan, Saraceni, l’Islam nell’immaginario medievale europeo, New York 2002, p. 42, 295.
10. Michel Kaplan Perché Bisanzio? Un impero dell’undici secolo, Parigi 2016, p. 87.
11. Henri Gaidoz, ‘La requisizione dell’amore e il simbolismo della mela’, Ecole Pratique des Haute Etudes, Sezioni di Scienze Storiche e Filosofiche, Annuario, Parigi 1902, p. 23.
12. Arthur Frolow, “La dedicazione di Costantinopoli nella tradizione byzanrina”, Revue de l’Histoire des Religions, Parigi 1944, v. 127, n. 1/3, pag. 75, 86, 91, 98.
13. Cristianesimo Dizionario di tempi, luoghi e figure èdit.: André Vauchez, Parigi 2010, p. 361.
14. Secondo Storici ce globe vanitoso servire di modello a sviluppo del mito del Mela oro nel Turco Seldjoukites e ottomani. Vedere: H. Laurens – J. Tolan, L’Europa e l’Islam, Parigi 2009, p. 219.
15. Henri Gaidoz, ‘La requisizione dell’amore e il simbolismo della mela’, Ecole Pratique des Haute Etudes, Sezioni di Scienze Storiche e Filosofiche, Annuario, Parigi 1902, p. 27.
16. Dizionario del Corano, ed.: Mohammad Ali Amir-Moezzi, Parigi 2007, p. 554-555.
17. Luna Sura La famiglia di Imran (Âl-i Imrân, 3) nel versetto 37.
18. Dizionario del Corano, ed.: Mohammad Ali Amir-Moezzi, Parigi 2007, p. 555.
19. Per interpretazioni del verso da parte di studiosi dell’8 ° e 9 ° secolo vedi: Mukâtil Bin Sulaymân, Tafsîr Muâtil Bin Sulaymân, ed.: Abdullah Mahmud Chahhâta, Beirut 2002, vol. 1, pp. 272-273; Muhammad Bin Djarîr at-Tabarî, Djâmiul Bayân an Ta’vîl Ây al-Kur’grace, ed.: Abdullah Bin Abdulmuhsin at-Turkî, Cairo 2001, pp. 353-360.
20. Marie è l’unica donna menzionata per nome nel corpus coranico. La presentazione della nascita miracolosa di Maria, la sua infanzia, la sua consacrazione dalla sua infanzia da parte di sua madre Anna sono anche i temi dei capitoli 1-7 del Protgospel di James che è noto come Natività di Maria o Vangelo dell’infanzia. Non va dimenticato che questi versi sulla natività e l’infanzia di Maria coincidono curiosamente con l’ampia campagna di Foca contro gli ebrei tra il 602-614 e la critica ebraica alla figura di Maria che era comune nel Vicino Oriente. Vedere: Il Corano degli Storici, Commento e analisi del testo coranico, a cura di: Mohammad Ali Amir-Moezzi – Guillaume Dye, Parigi 2019, tomo: 2a, p. 143-145.
21. Secondo il grande commentatore ottomano e mistico İsmail Hakkı Bursevî, ci sono due tipi di nemici. Uno è dentro di noi e l’altro è fuori di noi stessi. La lotta e la vittoria che saranno intraprese all’interno avranno un impatto di “conquista generale all’esterno”. Per questa interpretazione vedi: İsmail Hakkı Bursevî, Kitâbü’n-Netîce, trad.: Ali Namlı, Istanbul 2019, p. 639.
22. Giacobbe Sypianski, ‘Capire i ‘Saraceni’ a Bisanzio nella prima metà del IX secolo’, Da Costantinopoli alla frontiera: la città e le città, Leida 2016, p. 282-283.
23. A Sulla teologia della sostituzione nel Corano, vedi: Guillaume Dye, “La teologia della sostituzione dal punto di vista dell’Islam”, Ebraismo, Cristianesimo, Islam. Tra teologia della falsificazione e teologia della sostituzione, ed.: Didier Devillez, Bruxelles 2010, pp. 85-103.
24. Questo aspetto d’heritage legittimo di Islam dopo Cristianesimo potere essere intravedere Da prima Edifici Architettonico e Culturale alcuni Musulmani. Come da esempio affinità di architettura del moschea la Cupola della Roccia e la chiesa Kathisma che risale al 5 ° secolo Dedicato al Vergine Marie, luogo o lei s’e riposato Secondo tradizione ortodosso, e che Trovare a Gerusalemme A est molto impressionante. Per saperne di più precisione Vedere: Record Oleg, La Cupola della Roccia, Harvard University Press, Londra 2006, p. 113-114.
25. A A proposito del mito della mela d’oro o della mela rossa nella tradizione turca e ottomana, vedi: Orhan Shaik Gokyay, ‘Mezzaluna rossa’, Enciclopedia islamica della Fondazione religiosa turca, Ankara 2002, t. 25, pp. 559-561.
26. L’album ritratti dei sultani con la mela rossa in mano si trovano nel Museo Topkapi, nella sezione di Bağdat Köşkü, al numero 408, foglio: 32. Per maggiori dettagli vedi: Orhan Shaik Gokyay, ‘Mezzaluna rossa’, Enciclopedia islamica della Fondazione religiosa turca, Ankara 2002, t. 25, p. 560.
27. H. Laurens – J. Tolan, L’Europa e l’Islam, Parigi 2009, pagg. 217-218.