La calligrafia del versetto del cibo divino di Maria nelle moschee ottomane

Ismail TaspinarProf. Dr. Ismail Taspinar
Professore di Storia delle Religioni

 

From Islam a voice on beauty, dedicated to the study of calligraphies present in the front niches of Ottoman mosques, which tell of the visit to the oratory (mihrâb) of the Virgin Mary by Zechariah. These calligraphies, seen in their historical, theological and political context, reveal symbolisms strictly connected to the Roman heritage, then transferred and reread in a new way by the Muslim culture.

La calligrafia ornamentale, utilizzata nelle moschee ottomane, ha sempre avuto connotazioni politico-religiose diverse a seconda delle circostanze dell’ambiente e del tempo in cui sono state create. Abbiamo già cercato di far luce e analizzare gran parte degli ornamenti calligrafici delle moschee ottomane in base al loro contesto storico in uno dei nostri articoli sull’argomento1. Tuttavia, abbiamo omesso una di queste calligrafie che richiedevano maggiore attenzione.

La calligrafia più maestosa delle moschee ottomane, che sarà oggetto di questo articolo nei paragrafi seguenti, è senza dubbio la calligrafia che si trova sopra la nicchia anteriore della moschea. Rappresenta il ‘mihrâb’2. Tutti i mihrâb delle moschee diffuse in tutto il mondo musulmano di solito hanno, in un modo o nell’altro, una di queste due calligrafie utilizzate per decorare questa parte frontale della moschea. In alternativa/altrimenti, è il versetto che comanda di rivolgersi, durante la preghiera, alla Moschea Sacra (Masdjid al-Haram) che si trova alla Mecca: “Allora punta il tuo volto verso il lato della Santa Moschea3 “; oppure, è una parte del versetto che racconta della visita da parte di Zaccaria dell’oratorio (mihrâb) della Vergine Maria che si trova al Santuario: Ogni volta che Zaccaria entrava nel Santuario trovava presso di lei un cibo. Disse: «O Maria, da dove proviene questo?». Disse: «Da parte di Allah».4 Ciò che è interessante è che in generale tutte le moschee reali (Salatin) dell’Impero Ottomano hanno sempre usato il versetto che racconta della visita all’oratorio (mihrâb) della Vergine Maria da parte di Zaccaria. Perché questa insistenza, specialmente da parte delle moschee reali ottomane, di usare questo versetto? C’è un collegamento con le “provviste di cibo divine” fatte alla Vergine Maria nell’oratorio del Santuario secondo il Corano e la dedicazione di Costantinopoli e Roma alla Vergine Maria secondo la tradizione cristiana? In che modo la tradizione e l’esegesi musulmana hanno interpretato questo versetto? Qual è il legame tra la Vergine Maria e queste città nella storia cristiana? Come è stata immaginata e formulata questa connessione nelle icone e nelle immagini delle tradizioni cristiane orientali e occidentali? E infine, come è stata accolta e formulata dalla tradizione musulmana questa immagine mariana della tradizione cristiana e trasferita a un’altra lettura teologico-politica musulmana per materializzarsi finalmente in calligrafia nelle moschee ottomane? L’obiettivo di questo contributo è quello di una contestualizzazione nella storia (individuare cosa nella storia?) per comprendere meglio questa scelta calligrafica da parte degli Ottomani dell’ornamento della nicchia frontale (il mihrâb) delle moschee reali, e di analizzarla dal punto di vista teologico-politico, come si faceva per gli altri ornamenti.5

I. La Vergine Maria e la mela come simboli della protezione delle città romane

L’imperatore Costantino avrebbe dato per decreto (336) alla giovane capitale, il nome ufficiale di ‘Seconda Roma’. Più tardi, troviamo il termine ‘Nuova Roma’ della metà del V secolo. Questo decreto gli conferiva non solo i diritti, ma anche i privilegi dell’antica Roma. Tuttavia, il nome che ha prevalso è stato quello della “Città di Costantino” che sarà tradotto con “Kostantiniyye” in caratteri arabi. La città di Roma era sotto la protezione della dea Tyche (dea protettrice delle città romane) prima di essere sotto la protezione della Vergine Maria. Durante l’inaugurazione ufficiale e l’insediamento delle autorità pubbliche l’11 maggio 330, il momento significativo di questa inaugurazione fu la statua in legno dorato dell’imperatore che portava con la mano destra una statuetta che rappresentava la dea Tykhe della città, anch’essa dorata. Fu trasportata all’Ippodromo, tra gli applausi degli spettatori. La città sarà consacrata da Sopater che si era trasferito a Costantinopoli, secondo la tradizione pagana e sarà dedicata alla dea Tyche di Roma, che già ottenne la dea Tyche di Bisanzio. Così, Costantinopoli sarà posta sotto l’egida di questa dea Tyche trasferita da Roma e otterrà il nome di ‘Anthousa’ o Fiorente6. Dopo l’ufficializzazione della religione cristiana, questa credenza popolare del paganesimo romano della Tyche come dea protettrice della città fu trasferita alla Vergine Maria come Madre di Dio secondo il Concilio di Efeso (431). Questo trasferimento degli epiteti delle dee pagane è stato guidato dalla Chiesa attraverso una teologia della sostituzione.

Il simbolo della Vergine Maria come protettrice della città di Roma era anche molto presente nella cultura cristiana già nel VII secolo. Secondo la Leggenda Aurea di Giacomo di Varagine, è portando in processione l’immagine della Vergine Maria che Gregorio Magno ottiene il miracolo che libera Roma dalla peste7. Durante il secondo assedio di Costantinopoli da parte degli arabi (717-718), Leone III usò tutte le armi a sua disposizione. Le forze arabe, decimate dalle malattie e dalla fame, avevano ricevuto l’aiuto di due flotte per compensare le perdite. Leone III riesce a distruggerle. Costantinopoli può ora essere rifornita senza intoppi. L’imperatore non esitò ad utilizzare l’elemento religioso, in particolare l’appassionata devozione che gli abitanti della capitale dedicavano alla loro protettrice che era la Vergine Maria, la Théotokos o Madre di Dio per i bizantini8. La tradizione ortodossa ha mantenuto la data del 15 agosto, data della sconfitta degli arabi coincidente proprio con il giorno della festa della dormizione della Vergine Maria. Questo mostra chiaramente il merito della Theotokos (Madre di Dio).9

Così, diversi tipi iconografici della Beata Vergine Maria derivano da antichi tipi di dee precristiane. La Vergine Maria con la mela rappresenta uno di questi tipi. Con l’inizio dell’arte medievale, le immagini religiose raffigurano Maria in diverse caratteristiche e pose che ricordano i tipi di Giunone, Venere, Iside, le Dee Madri della Gallia, ecc. Una volta fatta l’assimilazione, il tipo cristiano viene mantenuto e sviluppato secondo la tradizione e le interpretazioni della teologia10. L’oggetto della dedicazione di Costantinopoli alla dea Tyche era rappresentato da un globo tenuto dalla dea. È questo globo che sarà interpretato da una ‘Mela Rossa’ o ‘Mela d’Oro’ secondo la tradizione turca di cui l’Impero Ottomano sarà il rappresentante per eccellenza. Più tardi, la città dovette cambiare il suo protettore in conformità con le credenze cristiane, ora in vigore. La città era “fondata e risuscitata da Cristo e preservata grazie alla sua Santissima Madre”. Così, la Madre di Dio aveva assunto le funzioni di Tyche e il globo sarà trasmesso alla Vergine Maria tenendo il bambino Gesù sulle ginocchia. Sono almeno due le immagini collocate nel Vestibolo Sud della Moschea di Santa Sofia, l’offerta in cui sono illustrate la dedica della Basilica di Santa Sofia e la dedicazione di Costantinopoli stessa. In questa immagine, la Vergine occupa il posto che legittimamente apparteneva al ‘Patrono’ della chiesa. A questo si aggiungono diversi miracoli riguardanti la protezione della città dai nemici che sono attribuiti all’intercessione della Vergine Maria. Gli scrittori bizantini lodavano Maria, “governante della guerra”, “potere”, “vittoria” e “bastione”11.

Vestita da imperatrice negli affreschi, la Vergine troneggia a Bisanzio all’inizio del Medioevo. Le immagini mariane vengono gradualmente messe al servizio dell’ideologia della sovranità, definita come regalità sacra12.

D’altra parte, un’altra “mela d’oro” che simboleggia il potere e il dominio del mondo era il globo di rame dorato tenuto nella mano sinistra della statua di Giustiniano, eretta su una colonna di fronte alla Basilica di Santa Sofia. Questo globo è stato interpretato come un simbolo della dominazione universale dell’imperatore romano13. Durante il terremoto del 478, il globo della statua di Costantino al Foro cadde. Questo evento sarà interpretato come il segno della fine dell’Impero Romano. La forma sferica della mela ne fa un simbolo cosmico ed è per questo che imperatori e re sono rappresentati tenendo in mano, accanto al loro scettro, un globo imperiale a forma di mela, che dovrebbe simboleggiare il mondo14. Va notato che il globo che simboleggia il dominio universale sarà rappresentato dalla mela nella mano di Gesù. La somiglianza con la mela è così grande che il globo sormontato dalla croce, il Reichsapfel o “Mela dell’Impero tedesco”, era uno dei segni dell’imperatore tedesco. Infatti, quando Gesù Cristo tiene un globo nella mano sinistra, come nel ricco reliquiario di Carlo Magno che si trova nella cattedrale di Aachen (XIII secolo), mostra che lo ha ereditato dagli imperatori romani. Su un altro lato dello stesso reliquiario, la Beata Vergine siede come regina, il bambino Gesù in grembo, raffigurata come ‘Vergine con la mela’.15

Così, ‘il globo’, riconosciuto come simbolo della dedicazione della capitale dell’Impero Romano che è Costantinopoli alla Vergine Maria come protettrice e combattente (sovrana di guerra, bastione, vittoria, ecc.), sarà recuperato e trasferito dalla tradizione musulmana turca e, più precisamente, dall’Impero Ottomano come il “cibo divino” concesse alla Vergine Maria e simboleggiate dalla Mela d’Oro (Kizilelma).

II. Il Mihrâb e il simbolismo del cibo divino di Maria secondo il Corano

Il mihrâb è la nicchia che si trova sulla parete frontale della moschea e indica la direzione della Mecca. Anche se la parola appare cinque volte nel testo rivelato, il suo significato è assente nel Corano. Di solito è abitualmente utilizzato per designare il “Santuario”. Questa traduzione della parola va in parallelo con l’uso del termine nell’Arabia preislamica in una serie di iscrizioni datate tra il IV e il V secolo. Il termine si riferisce a un edificio, un oratorio, un luogo di isolamento, un luogo elevato e nobile, la parte del palazzo dove risiede il principe o una nicchia in cui è collocata una statua. Alcuni di questi significati si ritrovano nelle citazioni del Corano. Secondo la tradizione, il primo mihrâb costruito in una moschea fu quello di Medina che risale al tempo del califfo omayyade al-Walid (morto nel 715)16. È questa parola “mihrâb” che sarà mantenuta per designare la nicchia frontale delle moschee. L’ornamento sul mihrâb sarà illustrato da diverse cornici di frasi scelte dal Corano a seconda del contesto. Una di queste frasi, che è oggetto del nostro articolo, è il versetto che racconta la visita da parte di Zaccaria dell’oratorio (mihrâb) della Vergine Maria che si trova al Santuario:

Ogni volta che Zaccaria entrava nell’oratorio del Santuario (mihrâb) per lei, trovava in lei una provvista di cibo. Egli disse: “O Maria! Come ti succede?” Ella risponde: “Questo viene da Allah!”17

È la parte “Ogni volta che Zaccaria entrava per lei nell’oratorio del Santuario (mihrâb)”(Kullamâ dahala alayhâ Zakariyyâl-mihrâb) che sarà usata negli ornamenti del mihrâb.

mihrab
Il mihrâb della Moschea di Santa Sofia (XV secolo)
con il versetto della visita di Zaccaria all’oratorio della Vergine Maria.

Il Corano menziona vari frutti celesti preparati per coloro che avranno il diritto di entrare in Paradiso. Questi frutti sono dattero, oliva, uva, melograno, ciliegia e banana. D’altra parte, nel versetto che racconta della visita di Zaccaria, “il provvedimento divino”(rizkan) concesso a Maria non è specificato. Questa mancanza di precisione ha portato i commentatori del Corano a interpretare questa parola. Tutti hanno accettato di tradurla con “frutto”. Tuttavia, non specificano che tipo di frutto è. Secondo questi commentatori, i cibi concessi a Maria nel Santuario, che probabilmente era il Tempio di Gerusalemme18, erano frutti estivi durante le stagioni invernali e frutti invernali durante le stagioni estive. In ogni caso, ciò che era certo era che si trattava davvero di frutti.19

Sempre secondo questi commentatori, questi frutti concessi alla Vergine Maria erano “i frutti” della sua lotta interiore. Maria era sotto la tutela di Zaccaria e trascorreva tutto il tempo nel suo oratorio (mihrâb) che si trovava al Santuario. La parola ‘mihrâb’, che è la traduzione dell’oratorio dedicato alla preghiera e all’invocazione divina, significa anche ‘il luogo della battaglia’. Ma questa lotta, condotta dalla Vergine Maria, non può che essere spirituale. Infatti, secondo la tradizione musulmana, Maria fu dedicata al Santuario da sua madre Anna per consacrarsi all’invocazione divina nell’oratorio20 . Maria aveva dedicato tutto il suo tempo a invocare e pregare Dio. La sua consacrazione e le sue pratiche spirituali furono concepite come battaglie spirituali contro i vizi e le forze del male. Così, i ‘frutti divini’ concessi a Maria erano proprio la ricompensa per la sua lotta contro i vizi e le forze del male. Questa esperienza di Maria è stata interpretata dai commentatori come una realtà e una pratica divina secondo la quale ogni sforzo spirituale ha una ricompensa materiale o un ‘frutto’.21

VM
La Vergine Maria e il bambino Gesù che tengono insieme una mela in mano in miniatura persiana.

Poiché la battaglia spirituale di Maria nel suo ‘campo di battaglia’ (mihrâb) ha portato ad una ricompensa divina e materiale, la battaglia che sarà condotta in nome di Dio dai soldati del califfo, rappresentanti per eccellenza di Dio, sarà così ricompensata con conquiste ‘divine’ di terre e paesi. In effetti, è questa dimensione della “ricompensa materiale” che terrà l’attenzione dei sultani e dei califfi ottomani.

III. Il mito della mela d’oro e la calligrafia mariana come simboli del trasferimento dell’eredità romana

La catena diretta di contatto dei governanti musulmani, con la cerchia dei dirigenti bizantini e le élite costantinopolitane, era la diplomazia. Le corrispondenze diplomatiche e gli scambi di ambasciatori hanno sempre avuto fin dall’inizio una connotazione di duello ideologico. Almeno, questo era il caso degli imperatori arabi nella tarda antichità e nel Medioevo. La funzione dei doni diplomatici scambiati stimolò la rivalità culturale e religiosa tra i governanti arabi e bizantini. La lettera diplomatica era uno di quei mezzi di contatto usati come intermediario di esortazione ai governanti bizantini ad abbracciare l’Islam. Questa usanza, secondo la tradizione, risale al tempo del Profeta che aveva inviato lettere all’imperatore Eraclio di Bisanzio. Secondo le fonti, questo invito diplomatico all’Islam rimase in tutte le successive lettere inviate dai califfi agli imperatori bizantini. Così, nel IX secolo, questa consuetudine diplomatica assumerà già una nuova dimensione teologica fino a organizzare le dispute religiose alla corte imperiale. Questo, solo per mostrare la superiorità dell’Islam nei confronti del cristianesimo e del potere musulmano contro il potere cristiano22. Questa dimensione diplomatica della teologia della sostituzione del cristianesimo era presente nei versetti del Corano23. In effetti, è questa dimensione teologica che sarà recuperata e formulata come un’ideologia di sostituzione del potere romano da parte dell’Impero ottomano. Essendo l’Islam considerato come l’unica (religione) erede legittima del Cristianesimo, il califfo musulmano sarà quindi l’unico erede legittimo del potere cristiano, vale a dire l’Impero Romano.

Oltretutto, questa legittima rivendicazione del patrimonio culturale non è presente solo nella cultura religiosa, ma anche negli edifici architettonici dai primi incontri nell’VIII secolo al tempo dei primi califfi omayyadi. Ad esempio, la Cupola della Roccia a Gerusalemme costruita nell’VIII secolo dal califfo omayyadi Abdulmelik bin Marwan contiene diversi versi su Gesù e la Vergine Maria. Ciò dimostra l’affinità della cultura musulmana dei primi secoli con il culto di Maria presente nel mondo cristiano.24

Mihrab
Il mihrâb della Moschea del Sultano Ahmet (XVII secolo)
con il versetto della visita di Zaccaria all’oratorio della Vergine Maria.

Questa ideologia di sostituzione avrà la possibilità di combinarsi con l’ideologia tradizionale dei turchi della “mela rossa” o “mela d’oro” (Kizilelma) degli ottomani. Il mito della Mela d’Oro nella tradizione turca a partire dagli Oghuz dell’Asia centrale, dai Selgiuchidi e infine dagli Ottomani, era il simbolo della conquista dell’Impero Romano e dell’Impero di Bisanzio. Questo mito era concretizzato dalla Mela d’Oro. L’ideologia della ricerca della mela d’oro, che spingeva le truppe del Sultano verso l’Europa, si basava su questo mito. Questo, simboleggiato dalla Mela d’Oro, sarà valorizzato in simbiosi con la provvidenza divina che sono ‘i frutti mariani’ del Corano per legittimare le conquiste delle città simboli della cristianità. In altre parole, Costantinopoli (Kostantiniyye) come città del potere imperiale e Roma come capitale del papato (Rim Papa). Due città sotto la protezione della Vergine Maria e simboleggiate dalla mela25. La mela d’oro come simbolo del mondo romano e la mela rossa della Vergine Maria come simbolo della dedicazione delle città di Costantinopoli e Roma erano già presenti nella cultura cristiana come descritto sopra. Di conseguenza, l’assimilazione del mito della mela d’oro / mela rossa della tradizione turca con la mela d’oro dell’Impero Romano e la mela rossa della Vergine Maria è stata una transizione naturale da parte degli ottomani. Questo patrimonio o possesso legittimo per eccellenza del patrimonio romano, è stato riprodotto nei ritratti degli otto sultani ottomani, che si trovano nel Museo del Palazzo di Topkapi, tenendo in mano una o talvolta due mele.26

Selim
Sultano Selim I (1512-1520) con le mele d’oro in mano.

Questo favoloso frutto, rappresentato dalla Mela d’Oro come simbolo della città da conquistare, era anche considerato come la dominazione universale del sultano. Pertanto, la mela d’oro non è solo il simbolo della conquista delle città cristiane dell’Impero Romano, ma anche della conquista del mondo intero. Così il tema che è attestato dal più antico testo di Saltuknâmeh che risale al XV secolo racconta la vita di Sari Saltuk, l’eroe semi-leggendario e santo patrono dei primi conquistatori turchi dell’Europa orientale: “Non importa dove vai, la conquista e la vittoria saranno tue; sarai in una posizione di forza. Da lì conquisterai l’est e l’ovest, il nord e il sud, i quattro angoli così come la terra e il mare. Vincerete tutti coloro che abitano questa terra e prenderete questi luoghi. Da lì, camminerai di nuovo e la tua generazione conquisterà anche la Mela Rossa. Il mondo intero sarà sottomesso a te”.27

Questo tema, che è molto presente nella cultura militare ottomana, mostra quanto la mela della Vergine Maria, simboleggiando il patronato e la protezione delle grandi capitali cristiane almeno dall’VIII secolo, sia assimilata al mito della mela d’oro o mela rossa nel Medioevo. L’Islam, come religione, e di conseguenza l’Impero Ottomano, come stato del califfato dei musulmani che rivendicano la legittimità sull’eredità del Cristianesimo hanno avuto un effetto considerevole sull’adozione e l’islamizzazione di questo patrimonio.

Così, la dedicazione di Costantinopoli, di Roma e dell’intero Impero Romano alla Vergine Maria fatta dagli imperatori cristiani, fu recuperata attraverso una rilettura ideologica dei versetti e della tradizione musulmana per assumerla infine nella nuova cultura imperiale araba e poi ottomana. Pertanto, i cibi divini spirituali/religiosi e materiali offerti alla Vergine Maria come ricompensa per la sua guerra spirituale nel suo oratorio privato presso il Santuario, sono stati interpretati in modo teologico-politico come legittima eredità dell’Impero Romano dedicata alla Vergine Maria dai califfi arabi e dai sultani ottomani. Questa rivendicazione dell’eredità mariana da parte dell’Impero Ottomano, come lo stato del califfato e il califfo considerato legittimo protettore del deposito religioso, è stata valorizzata e concretizzata dall’ornamento usato nelle cornici sulla parte più maestosa delle moschee imperiali che è la nicchia frontale, il mihrâb.


Bibliografia

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3. Jérôme Baschet, L’Iconographie Médiévale, Parigi 2013.
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7. Le Qur’an des Historiens, Commentary and Analysis of the Quranic Text, Volume: 2a, ed. Mohammad Ali Amir-Moezzi – Guillaume Dye, Parigi 2019.
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10. Jean Chevalier – Alain Gheerbrant, Dictionnaire des Symboles, Parigi 2017.
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13. Arthur Frolow, «La Dédicace de Constantinople dans la Tradition Byzanrine», Revue de l’Histoire des Religions, Parigi1944, v. 127, n.: 1/3, pp. 61-127.
14. Norman H. Baynes, ‘I difensori soprannaturali di Costantinopoli’, Analecta Bollandiana, numéro: 67, 1949, pp. 165-177.
15. Guillaume Dye, “La teologia della sostituzione dal punto di vista dell’Islam”, Ebraismo, Cristianesimo, Islam. Entre Théologie de la Falsification et th”ologie de la Substitution, édit.: Didier Devillez, Bruxelles 2010, pp. 85-103.
16. Jakub Sypianski, ‘Comprendere i saraceni’ a Bisanzio nella prima metà del IX secolo’, From Constantinople to Frontier: The City and the Cities, Leiden 2016, s. 277-293.
17. Cyril Glassé, Dictioannaire Encyclopédique de l’Islam, Parigi 1991.
18. Oleg Grabar, The Dome of the Rock, Londra2006.
19. Orhan Shaik Gokyay, ‘Mezzaluna Rossa’, Turkish Religious Foundation Islamic Encyclopedia, Ankara2002, t. 25, pp.: 559-561.
20. Dictionnaire du Koran, ed.: Mohammad Ali Amir-Moezzi, Parigi 2007.
21. Michel Kaplan, Perché Bisanzio? Un impero dell’undici secolo, Parigi 2016.
22. Raymond Janin, Costantinopoli bizantina, Parigi 1950.
22. Ismail Taspinar, ‘Relazioni Interculturali nello Spazio Mediterraneo: Il Simbolisme della Moschea’, Arte e Dialogo nel Mediterraneo, Napoli 2020.
23. Ismail Taspinar, ‘Les Calligraphies Théologico-Politique des Mosquées Ottomanes’, Arte e Teologie, numero.: 1, Napoli 2021, https://www.artiteologie.it/les-calligraphies-theologico-politique-des-mosquees-ottomanes/
24. John V. Tolan, Saracens, Islam in the Medieval European Imagination, New York2002.
25. Enciclopedia dei Simboli, ed.: Michel Cazenave, Torino 1996.
26. Mukâtil Bin Sulaymân, Tafsîr Muâtil Bin Sulaymân, ed.: Abdullah Mahmud Chahhâta, Beirut 2002, t. 1, p. 272-273.
27. Muhammad Bin Djarîr at-Tabarî, Djâmiul Bayân an Ta’vîl Ây al-Kur’ân, ed.: Abdullah Bin Abdulmuhsin at-Turkî, Cairo 2001.
28. Ismail Hakki Bursevî, Kitâbü’n-Netîce, trad.: Ali Namlı, Istanbul 2019.


NOTE

1. Voir: İsmail Taspinar, ‘Les Calligraphies Théologico-Politique des Mosquées Ottomanes’, Arte e1 Teologie, numéro.: 1, Napoli 2021, https://www.artiteologie.it/les-calligraphies-theologico-politique-des-mosquees-ottomanes/
2. Ce lieu où l’imam préside la prière dans les mosquées.
3. Vedi: İsmail Taspinar, ‘Theological-Political Calligraphy of the Ottoman Mosques’, Arte e Teologie, numero.: 1, Napoli 2021, https://www.artiteologie.it/les-calligraphies-theologico-politique-des-mosquees-ottomanes/
4. Luna Sura La famiglia di Imran (Âl-i Imrân, 3) nel versetto 37.
5. Per un’analisi fenomenologica della nicchia frontale o del mihrâb si veda il nostro articolo: Ismail Taspinar, ‘Relazioni Interculturali nello Spazio Mediterraneo: Il simbolismo della Moschea’, Arte e Dialogo nel Mediterraneo, Napoli 2020, p. 123-142.
6. Raymond Janin, Constantinople Byzantine, Paris 1950, p. 28-32.
7. Raymond Feto Costantinopoli Bizantina, Parigi 1950, p. 28-32.
8. Jérôme Pallacanestro Iconografia medievale, Parigi 2013, p. 19.
9. Gabinetto V. Tolan, Saraceni, l’Islam nell’immaginario medievale europeo, New York 2002, p. 42, 295.
10. Michel Kaplan Perché Bisanzio? Un impero dell’undici secolo, Parigi 2016, p. 87.
11. Henri Gaidoz, ‘La requisizione dell’amore e il simbolismo della mela’, Ecole Pratique des Haute Etudes, Sezioni di Scienze Storiche e Filosofiche, Annuario, Parigi 1902, p. 23.
12. Arthur Frolow, “La dedicazione di Costantinopoli nella tradizione byzanrina”, Revue de l’Histoire des Religions, Parigi 1944, v. 127, n. 1/3, pag. 75, 86, 91, 98.
13. Cristianesimo Dizionario di tempi, luoghi e figure èdit.: André Vauchez, Parigi 2010, p. 361.
14. Secondo Storici ce globe vanitoso servire di modello a sviluppo del mito del Mela oro nel Turco Seldjoukites e ottomani. Vedere: H. Laurens – J. Tolan, L’Europa e l’Islam, Parigi 2009, p. 219.
15. Henri Gaidoz, ‘La requisizione dell’amore e il simbolismo della mela’, Ecole Pratique des Haute Etudes, Sezioni di Scienze Storiche e Filosofiche, Annuario, Parigi 1902, p. 27.
16. Dizionario del Corano, ed.: Mohammad Ali Amir-Moezzi, Parigi 2007, p. 554-555.
17. Luna Sura La famiglia di Imran (Âl-i Imrân, 3) nel versetto 37.
18. Dizionario del Corano, ed.: Mohammad Ali Amir-Moezzi, Parigi 2007, p. 555.
19. Per interpretazioni del verso da parte di studiosi dell’8 ° e 9 ° secolo vedi: Mukâtil Bin Sulaymân, Tafsîr Muâtil Bin Sulaymân, ed.: Abdullah Mahmud Chahhâta, Beirut 2002, vol. 1, pp. 272-273; Muhammad Bin Djarîr at-Tabarî, Djâmiul Bayân an Ta’vîl Ây al-Kur’grace, ed.: Abdullah Bin Abdulmuhsin at-Turkî, Cairo 2001, pp. 353-360.
20. Marie è l’unica donna menzionata per nome nel corpus coranico. La presentazione della nascita miracolosa di Maria, la sua infanzia, la sua consacrazione dalla sua infanzia da parte di sua madre Anna sono anche i temi dei capitoli 1-7 del Protgospel di James che è noto come Natività di Maria o Vangelo dell’infanzia. Non va dimenticato che questi versi sulla natività e l’infanzia di Maria coincidono curiosamente con l’ampia campagna di Foca contro gli ebrei tra il 602-614 e la critica ebraica alla figura di Maria che era comune nel Vicino Oriente. Vedere: Il Corano degli Storici, Commento e analisi del testo coranico, a cura di: Mohammad Ali Amir-Moezzi – Guillaume Dye, Parigi 2019, tomo: 2a, p. 143-145.
21. Secondo il grande commentatore ottomano e mistico İsmail Hakkı Bursevî, ci sono due tipi di nemici. Uno è dentro di noi e l’altro è fuori di noi stessi. La lotta e la vittoria che saranno intraprese all’interno avranno un impatto di “conquista generale all’esterno”. Per questa interpretazione vedi: İsmail Hakkı Bursevî, Kitâbü’n-Netîce, trad.: Ali Namlı, Istanbul 2019, p. 639.
22. Giacobbe Sypianski, ‘Capire i ‘Saraceni’ a Bisanzio nella prima metà del IX secolo’, Da Costantinopoli alla frontiera: la città e le città, Leida 2016, p. 282-283.
23. A Sulla teologia della sostituzione nel Corano, vedi: Guillaume Dye, “La teologia della sostituzione dal punto di vista dell’Islam”, Ebraismo, Cristianesimo, Islam. Tra teologia della falsificazione e teologia della sostituzione, ed.: Didier Devillez, Bruxelles 2010, pp. 85-103.
24. Questo aspetto d’heritage legittimo di Islam dopo Cristianesimo potere essere intravedere Da prima Edifici Architettonico e Culturale alcuni Musulmani. Come da esempio affinità di architettura del moschea la Cupola della Roccia e la chiesa Kathisma che risale al 5 ° secolo Dedicato al Vergine Marie, luogo o lei s’e riposato Secondo tradizione ortodosso, e che Trovare a Gerusalemme A est molto impressionante. Per saperne di più precisione Vedere: Record Oleg, La Cupola della Roccia, Harvard University Press, Londra 2006, p. 113-114.
25. A A proposito del mito della mela d’oro o della mela rossa nella tradizione turca e ottomana, vedi: Orhan Shaik Gokyay, ‘Mezzaluna rossa’, Enciclopedia islamica della Fondazione religiosa turca, Ankara 2002, t. 25, pp. 559-561.
26. L’album ritratti dei sultani con la mela rossa in mano si trovano nel Museo Topkapi, nella sezione di Bağdat Köşkü, al numero 408, foglio: 32. Per maggiori dettagli vedi: Orhan Shaik Gokyay, ‘Mezzaluna rossa’, Enciclopedia islamica della Fondazione religiosa turca, Ankara 2002, t. 25, p. 560.
27. H. Laurens – J. Tolan, L’Europa e l’Islam, Parigi 2009, pagg. 217-218.

La Dédicace de L’Empire Romain aux Ottomans:
la Calligraphie du Verset des Nourritures de Marie
dans les Mosquées Ottomanes

Prof.Dr. İsmail Taspiınar
Professeur d’Histoire des Religions
Université de Marmara, Istanbul

Les calligraphies ornementales, utilisées dans les mosquées ottomanes, ont toujours connu différentes connotations politiquo-religieux selon les conjonctures du milieu et du temps dans lesquels elles ont été créées. Nous avons déjà essayé d’éclairer et d’analyser une grande partie des ornements calligraphiques des mosquées ottomanes selon leur contexte historique dans un de notre article sur le sujet.1 Cependant, nous avons omis l’une de ces calligraphies qui demandait une attention plus particulière. La calligraphie la plus majestueuse des mosquées ottomanes, qui sera le sujet de cet article dans les paragraphes suivants, est sans aucun doute la calligraphie qui se trouve au dessus de la niche frontale de la mosquée. Elle représente le ‘mihrâb’.2 Tous les mihrâbs des mosquées répandues dans le monde musulman ont en général, d’une façon ou d’une autre, une de ces deux calligraphies utilisées pour décorer cette partie frontale de la mosquée. Alternativement/Sinon, c’est le verset qui ordonne de se tourner, pendant la prière, vers la Mosquée Sacrée (Masdjid al-Haram) qui se trouve à la Mecque: ‘Oriente alors ta face du côté de la Mosquée sacrée’;3 ou alors, c’est une partie du verset qui raconte la visite de l’oratoire (mihrâb) de la Vierge Marie qui se trouve au Sanctuaire par Zacharie: ‘Chaque fois que Zacharie pénétrait pour elle dans le Sanctuaire (mihrâb), il trouvait chez elle une nourriture. Il dit : «Ô Marie! Comment cela arrive-t-il pour toi?» Elle dit : « Cela, vient d’Allâh!»4 Ce qui est intéressant, c’est qu’en général toutes les mosquées royales (Salâtîn) de l’Empire Ottoman ont toujours utilisé le verset qui raconte la visite à l’oratoire (mihrâb) de la Vierge Marie par Zacharie.

Pourquoi cette insistance, surtout de la part des mosquées royales ottomanes, d’utiliser ce verset? Y a-t-il un lien avec les ‘nourritures divines’ faites à la Vierge Marie dans l’oratoire du Sanctuaire selon le Coran et la dédicace de Constantinople et de Rome à la Vierge Marie selon la tradition chrétienne? Comment la tradition et l’exégèse musulmane ont-elles interprété ce verset? Quel est le lien de la Vierge Marie et ces villes dans l’histoire chrétienne? Comment ce lien a-t-il été imaginé et formulé dans les icônes et les images des traditions chrétiennes Orientale et Occidentale? Et enfin, comment cette image mariale de la tradition chrétienne a-t-elle été reçu et formulé par la tradition musulmane et transféré à une autre lecture théologico-politique musulmane pour enfin se concrétiser en calligraphie dans les mosquées ottomanes? L’objet de ce travail est d’essayer de localiser (localiser quoi dans l’histoire?) dans l’histoire afin de mieux comprendre ce choix calligraphique par les Ottomans pour l’ornement du niche frontale (le mihrâb) des mosquées royales, et de l’analyser du point de vue théologico-politique, comme il a été fait pour les autres ornements.5

I. La Vierge Marie et la Pomme comme Symboles de la Protection des Villes Romaines

L’Empereur Constantin aurait donné par décret (336) à la jeune capitale, le nom officiel de ‘Seconde Rome’. Plus tard, on retrouve le terme ‘Nouvelle Rome’ à partir du milieu du 5ème siècle. Ce décret lui conférait non seulement les droits, mais aussi les privilèges de l’ancienne. Cependant, l’appellation qui prévalut fut celle de la ‘Ville de Constantin’ qui sera traduite par ‘Kostantiniyye’ dans les écritures arabes. La ville de Rome était sous la protection de la déesse Tyche (déesse protectrice des villes romaines) avant d’être sous la protection de la Vierge Marie. Pendant l’inauguration officielle et l’installation des autorités publiques, le 11 mai 330, l’événement marquant de cette inauguration fut la statue en bois dorée de l’empereur portant de la main droite une figurine représentant la Tykhé de la ville, dorée elle aussi. On la transporta à l’Hippodrome, au milieu des acclamations des spectateurs. La ville sera consacrée par Sopater selon la tradition païenne et sera dédiée à la Tyché de Rome transféré à Constantinople, qui obtenait déjà la Tyché de Byzance. Ainsi, Constantinople sera placée sous l’égide de cette Tyché transférée de Rome et obtiendra le nom de ‘Anthousa’ ou Florissante.6 Après l’officialisation de la religion Chrétienne, cette croyance populaire du paganisme romaine de la Tyché comme déesse protecteur de la ville a été transféré à la Vierge Marie comme Mère de Dieu selon le concile d’Ephèse (431). Ce transfert des épithètes des déesses paganes a été dirigé par l’Eglise sous l’approche d’une théologie de substitution.

Le symbole de la Vierge Marie comme protectrice de la ville de Rome était aussi très présent dans la culture chrétienne déjà au 7ème siècle. Selon la Légende dorée de Jacques de Voragine, c’est en portant en procession l’image de la Vierge Marie que Grégoire le Grand obtient le miracle qui libère Rome de la peste.7 Pendant le second siège de Constantinople par les Arabes (717-718), Léon III utilisera toutes les armes à sa disposition. Les forces arabes décimées par la maladie et la faim, avaient reçu le secours de deux flottes pour compenser les pertes. Léon III parvient à les détruire. Constantinople peut désormais être ravitaillée sans encombre. L’Empereur n’a pas hésité à utiliser l’élément religieux, notamment la dévotion passionnée que les habitants de la capitale vouaient à leur protectrice qui était la Vierge Marie, la Théotokos ou Mère de Dieu pour les Byzantins.8 La tradition orthodoxe a retenu la date du 15 août, date de la défaite des arabes coïncidant justement avec le jour de la fête de la dormition de la Vierge Marie. Ceci montre clairement le mérite de la Théotokos (Mère de Dieu).9

Ainsi, plusieurs types iconographiques de la sainte Vierge Marie dérivent d’anciens types de déesses préchrétiennes. La Vierge Marie à la pomme représente un de ces types. Lorsque l’art du moyen âge commence, les images religieuses représentent Marie sous différents traits et poses rappelant les types de Junon, Vénus, Isis, des Déesses-Mères de la Gaule, etc. Une fois l’assimilation faite, le type chrétien se maintient et se développe selon la tradition et les interprétations venues de la théologie.10 L’objet de la dédicace de Constantinople à la déesse Tyché était représenté par une globe que tient la déesse. C’est cette globe qui sera interprétée par une ‘Pomme rouge’ ou ‘Pomme d’or’ par la tradition turque dont l’Empire Ottoman sera le représentant par excellence. Plus tard, la ville devait changer de protectrice conformément aux croyances chrétiennes, désormais en vigueur. La cité était ‘fondée et élevée par le Christ et conservée grâce à sa Très Sainte Mère’. Ainsi, la Mère de Dieu avait investi des fonctions de Tyché et le globe sera transmis à la Vierge Marie tenant l’enfant jésus sur ses genoux. Dans, au moins, deux images se trouvant dans le Vestibule Sud de la mosquée de Sainte-Sophie, l’offrande où la dédicace de la Sainte-Sophie et la dédicace de Constantinople même sont illustrés. Dans cette image, la Vierge occupe la place qui revenait légitimement au ‘Patron’ de l’église. À ceci, s’ajoutent plusieurs miracles concernant la protection de la cité des ennemis qui sont attribué à l’intercession de la Vierge Marie. Les écrivains byzantins faisaient des louanges de Marie, ‘souveraine de la guerre’, ‘puissance’, ‘victoire’ et ‘rempart’.11

Vêtue comme une impératrice sur les fresques, la Vierge trône à Byzance au début du Moyen Âge. Les images mariales sont progressivement mises au service de l’idéologie de la souveraineté, définie comme royauté sacré.12

D’autre part, une autre ‘pomme d’or’ symbolisant le pouvoir et le règne du monde était le globe de cuivre doré tenu dans la main gauche de la statue de Justinien, érigée sur une colonne devant la Sainte-Sophie. Ce globe était interprétée comme un symbole de la domination universelle de l’empereur romain.13 Durant le tremblement de terre survenu en 478, le globe de la statue de Constantin au Forum tomba. Cet événement sera interprété comme le signe de la fin de l’Empire Romaine. La forme sphérique de la pomme en fait un symbole cosmique et c’est pourquoi les empereurs et les rois sont représentés en tenant à la main, à côté de leur sceptre, un globe impérial en forme de pomme, censé symboliser le monde.14 Il faut préciser que le globe qui symbolise la domination universelle sera représentée par la pomme dans la main de Jésus. La ressemblance avec la pomme est tellement grande que le globe surmonté de la croix, la Reichsapfel ou ‘Pomme de l’Empire’ germanique, était un des signes de l’empereur allemand. En effet, lorsque Jésus-Christ tient un globe dans sa main gauche, comme dans la riche châsse de Charlemagne qui se trouve dans la cathédrale d’Aix-la-Chapelle (13ème siècle), cela montre qu’il l’a hérité des empereurs romains. Sur une autre face de la même châsse, la sainte Vierge est assise en reine, l’enfant Jésus sur ses genoux, figurée comme ‘Vierge à la pomme’.15

Ainsi, ‘le globe’, reconnu comme symbole de la dédicace de la ville capitale de l’Empire Romaine qui est Constantinople à la Vierge Marie comme protectrice et combattante (souveraine de la guerre, rempart, victoire, etc.), sera récupéré et transféré par la tradition musulmane turque et, plus précisément, par l’Empire Ottoman comme étant les ‘nourritures divines’ accordées à la Vierge Marie et symbolisées par la Pomme d’Or (Kizilelma).

II. Le Mihrâb et le Symbolisme des Nourritures Divines de Marie selon le Coran

Le mihrâb est la niche qui se trouve sur le mur frontal de la mosquée et indique la direction de la Mecque. Même si le mot apparaît cinq fois dans le texte révélé, le sens de celui-ci est absent dans le Coran. Il est habituellement utilisé pour désigner le ‘Sanctuaire’. Cette traduction du mot mot va en parallèle avec l’utilisation du terme dans l’Arabie préislamique dans une série d’inscriptions datées entre le 4ème le 5ème siècle. Le terme désigne un édifice, un oratoire, un lieu d’isolement, un lieu élevé et noble, la partie du palais où se tient le prince ou encore une niche dans laquelle on place une statue. Quelques-uns de ces sens se retrouvent dans les mentions du Coran. Selon la tradition, le premier mihrâb construit dans une mosquée fut celui de Médine qui date du temps du calife omeyyade al-Walid (mort en 715).16 C’est ce mot ‘mihrâb’ qui sera retenu pour désigner la niche frontale des mosquées. L’ornement qui se trouve sur le mihrâb sera illustré par différents encadrements de phrase choisi du Coran selon le contexte. Une de ces phrases, qui est le sujet de notre article, est le verset racontant la visite de l’oratoire (mihrâb) de la Vierge Marie qui se trouve au Sanctuaire par Zacharie:

Chaque fois que Zacharie pénétrait pour elle dans l’oratoire du Sanctuaire (mihrâb), il trouvait chez elle une nourriture. Il dit : «Ô Marie! Comment cela arrive-t-il pour toi ?» Elle dit : « Cela, vient d’Allâh!»17

C’est la partie ‘Chaque fois que Zacharie pénétrait pour elle dans l’oratoire du Sanctuaire (mihrâb)’ (Kullamâ dahala alayhâ Zakariyyâl-mihrâb) qui sera utilisée dans les ornements du mihrâb.

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Le mihrâb de la Mosquée Sainte Sophie (15ème siècle)
avec le verset de la visite de l’oratoire de la Vierge Marie par Zacharie.

Le Coran mentionne différents fruits paradisiaques préparés pour ceux qui auront le droit d’entrer au Paradis. Ces fruits sont la datte, l’olive, le raisin, la grenade, la cerise et la banane. Par contre, dans le verset qui raconte la visite de Zacharie, la ‘nourriture divine’ (rizkan) accordée à Marie n’est pas précisée. Cette manque de précision a poussé les commentateurs du Coran à interpréter ce mot. Tous se sont mis d’accord de la traduire par ‘fruit’. Cependant, ils ne précisent pas de quel type de fruit il s’agit. Selon ces commentateurs, les nourritures accordées à Marie dans le Sanctuaire, qui était probablement le Temple de Jérusalem18, étaient des fruits estivaux pendant les saisons hivernales et des fruits hivernaux pendant les saisons estivales. Dans tous les cas, ce qui était certain, c’est qu’il s’agissait bien de fruits.19

Toujours selon ces commentateurs, ces fruits accordés à la Vierge Marie étaient ‘les fruits’ de son combat intérieur. Marie était sous la tutelle de Zacharie et elle passait tout son temps dans son oratoire (mihrâb) qui se trouvait au Sanctuaire. Le mot ‘mihrâb’, qui est la traduction de l’oratoire consacré à la prière et à l’invocation divine, signifie aussi ‘le lieu de combat’. Mais, ce combat qui est mené par la Vierge Marie ne peut être que spirituel. En effet, selon la tradition musulmane, Marie était dédiée au Sanctuaire par sa mère Anne pour se consacrer à l’invocation divine à l’oratoire.20 Marie avait consacré tout son temps à invoquer et à prier Dieu. Sa consécration et ses pratiques spirituelles étaient conçues comme des combats spirituels contre les vices et les forces maléfiques. Ainsi, les ‘fruits divins’ accordés à Marie étaient justement la récompense de son combat contre les vices et les forces maléfiques. Cette expérience de Marie a été interprété par les commentateurs comme une réalité et une pratique divine selon laquelle, tout effort spirituel a une récompense ou un ‘fruit’ matériel.21

VM
La Vierge Marie et l’enfant Jésus tenant ensemble une pomme à la main dans une miniature persane.

Etant donné que le combat spirituel mené par Marie dans son ‘champ de combat’ (mihrâb) a aboutit à une récompense divine et matérielle, le combat qui sera effectué au nom de Dieu par les soldats du calife, représentants par excellence de Dieu, sera ainsi récompensé par des conquêtes ‘divines’ des terres et des pays. En effet, c’est cette dimension de ‘récompense matérielle’ qui retiendra plus l’attention des sultans et califes ottomans.

III. Le Mythe de la Pomme d’Or et La Calligraphie Mariale comme Symboles du Transfert de l’Héritage Romaine

La chaîne directe de contact des souverains musulmans, avec le cercle des dirigeants byzantins et les élites constantinopolitaines, était la diplomatie. Les correspondances diplomatiques et les échanges des ambassadeurs ont toujours connu une connotation de duel idéologique dès le début. Du moins, tel était le cas à l’Antiquité tardive et au Moyen Age du côté des empereurs arabes. La fonction des cadeaux diplomatiques échangés stimulait la rivalité culturelle et religieuse entre les souverains arabes et byzantins. La lettre diplomatique était un de ces moyens de contact utilisé comme un intermédiaire d’exhortation aux souverains byzantins à embrasser l’Islam. Cette coutume, selon la tradition, data du temps du Prophète qui avait envoyé des lettres à l’empereur Héraclius de Byzance. Selon les sources, cette invitation diplomatique à l’Islam subsista dans toutes les lettres postérieurs envoyées par les califes aux empereurs byzantins. C’est ainsi qu’au neuvième siècle, cette coutume diplomatique prendra déjà une nouvelle dimension théologique jusqu’à organiser des disputes religieuses à la cour impériale. Ceci, uniquement pour montrer la supériorité de l’Islam vis-à-vis du Christianisme, et du pouvoir musulman contre le pouvoir chrétien.22 Cette dimension diplomatique de la théologie de substitution au Christianisme était présent dans les versets du Coran.23 En effet, c’est cette dimension théologique qui sera récupérée et formulée comme une idéologie de substitution du pouvoir Romain par l’Empire Ottoman. L’Islam étant considéré comme l’unique (religion) héritier légitime du Christianisme, le calife musulman sera ainsi l’unique héritier légitime du pouvoir Chrétien, à savoir, l’Empire Romain.

D’ailleurs, cette revendication légitime de l’héritage culturel est non seulement présente dans la culture religieuse, mais aussi dans les édifices architecturaux dès les premières rencontres au 8ème siècle au temps des premiers califes Omayyade. Par exemple, le Dôme du Rocher à Jérusalem construit au 8ème siècle par le calife Omeyyade Abdoulmelik bin Marwan contient plusieurs versets sur Jésus et la Vierge Marie. Cela montre l’affinité de la culture musulmane des premiers siècles avec le culte de Marie présent dans le monde Chrétien.24

Mihrab
Le mihrâb de la Mosquée Sultan Ahmet (17ème siècle) avec le verset de la visite de l’oratoire de la Vierge Marie par Zacharie.

Cette idéologie de substitution aura la chance de se conjuguer avec l’idéologie traditionnelle des Turques de la ‘Pomme Rouge’ ou ‘Pomme d’or’ (Kizilelma) des Ottomans. Le mythe de la Pomme d’Or dans la tradition turque depuis les Oghouzes de l’Asie centrale, les Seldjoukites, et finalement les Ottomans, était le symbole de la conquête de l’Empire Romain et de l’Empire de Byzance. Ce mythe était concrétisé par la Pomme d’Or. L’idéologie de la quête de la Pomme d’or qui poussait les troupes du sultan vers l’Europe, reposait sur ce mythe. Celui-ci, symbolisé par la Pomme d’or, sera valorisé en symbiose avec la nourriture divine qui sont ‘les fruits mariales’ du Coran afin de légitimer les conquêtes des villes symboles de la chrétienneté. En d’autre termes, Constantinople (Kostantiniyye) comme ville du pouvoir impérial et Rome comme ville capitale de la papauté (Rim Papa). Deux villes sous la protection de la Vierge Marie et symbolisées par la pomme.25 La pomme d’or comme symbole du monde Romain et la pomme rouge de la Vierge Marie comme symbole de la dédicace des villes de Constantinople et de Rome étaient déjà présentes dans la culture chrétienne comme il a été décrit plus haut. Par conséquence, l’assimilation du mythe de la Pomme d’Or / Pomme Rouge de la tradition turque avec la pomme d’or de l’Empire Romaine et la pomme rouge de la Vierge Marie a été une transition naturelle de la part des ottomans. Cet héritage ou possession légitime par excellence de l’héritage romaine, a été reproduit dans les portraits des huit sultans ottomans, qui se trouvent dans le Musée du Palais de Topkapi, tenant à la main une ou parfois deux pommes.26

Selim
Sultan Selim I (1512-1520) avec les Pommes d’Or à la main.

Ce fruit fabuleux que représente la Pomme d’or comme symbole de la ville à conquérir, était aussi considérée comme la domination universelle du sultan. Ainsi, la Pomme d’or est non seulement le symbole de la conquête des villes chrétiennes de l’Empire Romain, mais aussi la conquête du monde entier. Ainsi le thème qui est attesté par le texte le plus ancien de Saltuknâmeh qui date du 15ème siècle raconte la vie de Sari Saltuk, l’héros semi-légendaire et saint-patron des premiers conquérants turcs d’Europe orientale : ‘Quel que soit le lieu vers lequel vous vous dirigerez, la conquête et la victoire seront à vous; vous serez en position de force. De la vous conquerrez l’est et l’ouest, le nord et le sud, les quatre coins ainsi que la terre et la mer. Vous vaincrez tous ceux qui habitent cette terre et vous prendrez ces lieux. De là, vous marcherez encore et votre génération conquerra également la pomme Rouge. Le monde entier vous sera soumis.’27

Ce thème qui très présent dans la culture militaire ottomane montre combien la pomme de la Vierge Marie, symbolisant le patronat et la protection des grandes villes capitales chrétiennes depuis au moins le 8ème siècle, est assimilée au mythe de la Pomme d’or ou Pomme rouge au Moyen Âge. L’Islam, comme religion, et par conséquence l’Empire Ottoman, comme Etat califale des musulmans qui revendiquent la légitimité sur l’héritage du Christianisme ont eu un effet considérable sur l’adoption et l’islamisation de cette héritage. En outre, comme nous l’avons déjà précisé, les nourritures divines données Marie au Temple de Jérusalem nous laisse à penser que le symbolisme de la dédicace ne se réduit pas au seul héritage politique Romaine, mais aussi à toute l’héritage religieux qui est la lignée Abrahamique (dont le Judaisme et le Christianisme) symbolisée par le Temple de Jérusalem ou Temple de Salomon. Ce thème sera un autre sujet de nos recherches ultérieurement.

Ainsi, la dédicace de Constantinople, Rome et l’Empire Romaine toute entière faite à la Vierge Marie par les empereurs Chrétiens, a été récupéré par le biais d’une relecture idéologique des versets et de la tradition musulmane pour enfin l’adopter à la nouvelle culture impériale arabe, puis ottomane. Par conséquent, les nourritures divines tant spirituelles/religieuses que matérielles offertes à la Vierge Marie comme récompenses de son combat spirituel dans son oratoire privé au Sanctuaire, ont été interprété d’une façon théologico-politique comme un héritage légitime de l’Empire Romain dédié à la Vierge Marie par les califes arabes et les sultans ottomans. Cette revendication de l’héritage mariale par l’Empire Ottoman comme l’état califale et le calife comme protecteur légitime du dépôt religieux, a été valorisé et concrétisé par l’ornement utilisé dans les encadrements sur la partie la plus majestueuse des mosquées impériales qui est la niche frontale, le mihrâb.

Bibliographie

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2. Michel Kaplan, Pourquoi Byzance?, Une Empire de Onze Siecles, Paris 2016.
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5. Encyclopédie des Symboles, édit.: Michel Cazenav, Torino 1999.
6. Le Coran des Historiens II, Commentaire et Analyse du Texte Coranique, Tome: 1, édit: Mohammad Ali Amir-Moezzi – Guillaume Dye, Paris 2019.
7. Le Coran des Historiens, Commentaire et Analyse du Texte Coranique, Tome: 2a, édit: Mohammad Ali Amir-Moezzi – Guillaume Dye, Paris 2019.
8. Erdem Yücel, Ayasofya, Tarihi, Efsaneleri ve Seyyahların Notları, İstanbul 2021.
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10. Jean Chevalier – Alain Gheerbrant, Dictionnaire des Symboles, Paris 2017.
11. Henry Laurens – John Tolan – Gilles Veinstein, L’Europe et l’Islam, Paris 2009.
12. M. Henri Gaidoz, ‘La Réquisition d’Amour et le Symbolisme de la Pomme’, Ecole Pratique des Hautes Etudes, Sections des Sciences Historiques et Philologiques, Annuaire, Paris 1902, pp. 5-33.
13. Arthur Frolow, ‘La Dédicace de Constantinople dans la Tradition Byzanrine’, Revue de l’Histoire des Religions, Paris 1944, v. 127, no: 1/3, pp. 61-127.
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15. Guillaume Dye, ‘La Théologie de la Substitution du Point de Vue de l’Islam’, Judaisme, Christianisme, Islam. Entre Théologie de la Falsification et th”ologie de la Substitution, édit.: Didier Devillez, Bruxelles 2010, pp. 85-103.
16. Jakub Sypianski, ‘Comprendre les ‘Sarrasins’ à Byzance dans la Première Moitié du IXe Siècle’, From Constantinople to Frontier: The City and the Cities, Leiden 2016, s. 277-293.
17. Cyril Glassé, Dictioannaire Encyclopédique de l’Islam, Paris 1991.
18. Oleg Grabar, The Dome of the Rock, London 2006.
19. Orhan Şaik Gökyay, ‘Kızılelma’, Türkiye Diyanet Vakfı İslam Ansiklopedisi, Ankara 2002, t. 25, pp.: 559-561.
20. Dictionnaire du Coran, édit.: Mohammad Ali Amir-Moezzi, Paris 2007.
21. Michel Kaplan, Pourquoi Byzance? Un Empire de Onze Siècle, Paris 2016.
22. Raymond Janin, Constantinople Byzantine, Paris 1950.
22. Ismail Taspinar, ‘Relazioni Interculturali nello Spazio Mediterraneo: Il Simbolisme della Moschea’, Arte e Dialogo nel Mediterraneo, Napoli 2020.
23. Ismail Taspinar, ‘Les Calligraphies Théologico-Politique des Mosquées Ottomanes’, Arte e Teologie, numéro.: 1, Napoli 2021, https://www.artiteologie.it/les-calligraphies-theologico-politique-des-mosquees-ottomanes/
24. John V. Tolan, Saracens, Islam in the Medieval European Imagination, New York 2002.
25. Encyclopédie des Symboles, édit.: Michel Cazenave, Torino 1996.
26. Mukâtil Bin Sulaymân, Tafsîr Muâtil Bin Sulaymân, édit.: Abdullah Mahmud Chahhâta, Beyrouth 2002, t. 1, p. 272-273.
27. Muhammad Bin Djarîr at-Tabarî, Djâmiul Bayân an Ta’vîl Ây al-Kur’ân, édit.: Abdullah Bin Abdulmuhsin at-Turkî, Caire 2001.
28. İsmail Hakkı Bursevî, Kitâbü’n-Netîce, trad.: Ali Namlı, İstanbul 2019.


NOTE

1. Voir: İsmail Taspinar, ‘Les Calligraphies Théologico-Politique des Mosquées Ottomanes’, Arte e Teologie, numéro.: 1, Napoli 2021, https://www.artiteologie.it/les-calligraphies-theologico-politique-des-mosquees-ottomanes/
2. Ce lieu où l’imam préside la prière dans les mosquées.
3. La sourate La Vache (Al-Baqara, 2), verset 144.
4. La sourate La Famille d’Imran (Âl-i Imrân, 3) au verset 37.
5. Pour une analyse phénoménologique du niche frontal ou le mihrâb voir notre article: Ismail Taspinar, ‘Relazioni Interculturali nello Spazio Mediterraneo: Il Simbolisme della Moschea’, Arte e Dialogo nel Mediterraneo, Napoli 2020, p. 123-142.
6. Raymond Janin, Constantinople Byzantine, Paris 1950, p. 28-32.
7. Jérôme Baschet, L’Iconographie Médiévale, Paris 2013, p. 19.
8. John V. Tolan, Saracens, Islam in the Medieval European Imagination, New York 2002, p. 42, 295.
9. Michel Kaplan, Pourquoi Byzance? Un Empire de Onze Siècle, Paris 2016, p. 87.
10. Henri Gaidoz, ‘La Réquisition d’Amour et le Symbolisme de la Pomme’, Ecole Pratique des Haute Etudes, Sections des Sciences Historiques et Philosophiques, Annuaire, Paris 1902, p. 23.
11. Arthur Frolow, ‘La Dédicace de Constantinople dans la Tradition Byzanrine’, Revue de l’Histoire des Religions, Paris 1944, v. 127, no: 1/3, p. 75, 86, 91, 98.
12. Christianisme, Dictionnaire des Temps, des Lieux et des Figures, édit.: André Vauchez, Paris 2010, p. 361.
13. Selon des historiens, ce globe va servir de modèle à l’élaboration du mythe de la Pomme d’or chez les Turcs Seldjoukites et Ottomans. Voir: H. Laurens – J. Tolan, L’Europe et l’Islam, Paris 2009, p. 219.
14. Encyclopédie des Symboles, édit.: Michel Cazenave, Torino 1996, p. 548.
15. Henri Gaidoz, ‘La Réquisition d’Amour et le Symbolisme de la Pomme’, Ecole Pratique des Haute Etudes, Sections des Sciences Historiques et Philosophiques, Annuaire, Paris 1902, p. 27.
16. Dictionnaire du Coran, édit.: Mohammad Ali Amir-Moezzi, Paris 2007, p. 554-555.
17. La sourate La Famille d’Imran (Âl-i Imrân, 3) au verset 37.
18. Dictionnaire du Coran, édit.: Mohammad Ali Amir-Moezzi, Paris 2007, p. 555. Cela nous laisse à penser que le symbolisme de la dédicace ne se réduit pas au seul héritage politique Romaine, mais aussi à toute l’héritage religieux qui est la lignée Abrahamique (dont le Judaisme et le Christianisme) symbolisée par le Temple de Jérusalem ou Temple de Salomon. Ce point sera un autre thème de nos recherches ultérieurement.
19. Pour les interprétations du verset par des savants du 8ème et du 9ème siècle voir: Mukâtil Bin Sulaymân, Tafsîr Muâtil Bin Sulaymân, édit.: Abdullah Mahmud Chahhâta, Beyrouth 2002, t. 1, p. 272-273; Muhammad Bin Djarîr at-Tabarî, Djâmiul Bayân an Ta’vîl Ây al-Kur’ân, édit.: Abdullah Bin Abdulmuhsin at-Turkî, Caire 2001, p. 353-360.
20. Marie est la seule femme mentionnée par son nom dans le corpus coranique. La présentation de la naissance miraculeuse de Marie, son enfance, sa consécration dès son enfance par sa mère Anne sont aussi les thèmes du des chapitres 1-7 du Protévangile de Jacques qui est connu sous le nom de Nativité de Marie ou Èvangile de l’Enfance. Il ne faut oublier que ces versets sur la nativité et de l’enfance de mArie coincide curieuseument avec les la large campagne de Phocas contre les juifs entre 602-614 et la critique juive de la figure de Marie qui était courante au Proche-Orient. Voir: Le Coran des Historiens, Commentaire et Analyse du Texte Coranique, édit: Mohammad Ali Amir-Moezzi – Guillaume Dye, Paris 2019, tome: 2a, p. 143-145.
21. Selon le grand commentateur et mystique Ottoman İsmail Hakkı Bursevî, il y a deux types d’ennemis. L’une est à l’intérieur de nous et l’autre se trouve à l’extérieur de soi-même. Le combat et la victoire qui sera entrepris à l’intérieur aura un impact de ‘conquête générale à l’extérieur’. Pour cette interprétation voir: İsmail Hakkı Bursevî, Kitâbü’n-Netîce, trad.: Ali Namlı, İstanbul 2019, p. 639.
22. Jakub Sypianski, ‘Comprendre les ‘Sarrasins’ à Byzance dans la Première Moitié du IXe Siècle’, From Constantinople to Frontier: The City and the Cities, Leiden 2016, p. 282-283.
23. À propos de la théologie de la substitution dans le Coran, voir: Guillaume Dye, ‘‘La Théologie de la Substitution du Point de Vue de l’Islam’, Judaisme, Christianisme, Islam. Entre Théologie de la Falsification et th”ologie de la Substitution, édit.: Didier Devillez, Bruxelles 2010, pp. 85-103.
24. Cette aspect d’heritage légitime de l’Islam après le Christianisme peut être aperçu dès les premiers édifices architecturales et culturelles des musulmanes. Comme par exemple l’affinité de l’architecture de la mosquée du Dôme du Rocher et l’église Kathisma qui date du 5ème siècle dédié a la Vierge Marie, lieu ou elle s’et reposé selon la tradition orthodoxe, et qui se trouve à Jérusalem est très impréssionnant. Pour plus de précision voir: Oleg Grabar, The Dome of the Rock, Harvard University Press, London 2006, p. 113-114.
25. À propos du mythe de la Pomme d’Or ou de la Pomme Rouge dans la tradition turc et ottomane, voir: Orhan Şaik Gökyay, ‘Kızılelma’, Türkiye Diyanet Vakfı İslam Ansiklopedisi, Ankara 2002, t. 25, pp. 559-561.
26. L’album des portraits des sultans avec la pomme rouge dans la main se trouve dans le Musée de Topkapi, à la section de Bağdat Köşkü, au numéro 408, folio: 32. Pour plus de précision voir: Orhan Şaik Gökyay, ‘Kızılelma’, Türkiye Diyanet Vakfı İslam Ansiklopedisi, Ankara 2002, t. 25, p. 560.
27. H. Laurens – J. Tolan, L’Europe et l’Islam, Paris 2009, p. 217-218.