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Michele Cassese

§1. L’arte per la Riforma

Il tema dell’arte nel protestantesimo è, in quest’ultimi decenni, argomento di viva attenzione da parte degli studiosi, dopo che per un lungo periodo il mondo accademico aveva generalizzato ed enfatizzato la storica proibizione, in ambiente evangelico, di espressioni artistiche in ambito religioso. È vero che Calvino assieme a Zwingli, pur tollerando le immagini e considerando l’arte un dono di Dio (Calvino, Istituzione della Religione cristiana, III, II, 41s), aveva vietato la presenza e la venerazione di pitture e sculture religiose, considerate non «adatte a insegnare» (IRC I, XI, 12) e aveva proibito in un primo tempo anche l’organo per l’uso liturgico e l’accompagnamento ai canti. I suoi seguaci tra il XVI-XVIII secolo ebbero perfino un atteggiamento di vera e propria, talvolta violenta, iconoclastia, nelle chiese e nelle abitazioni, perché ritenevano che immagini e statue fossero di disturbo e distrazione dalla meditazione sulla Parola e nel rapporto orante con Dio.

Questo tuttavia non è stato il punto di vista di Lutero. Egli ha negato, come Calvino, la venerazione di immagini e sculture, ma ha espresso una valutazione estremamente positiva delle arti e ne ha apprezzato le finalità: esse sono al servizio di Dio, che per questo le ha create e donate agli uomini. Esse devono essere studiate e valorizzate, assieme alle lingue, perché «sono necessarie, così come lo è la medicina per la salute fisica e del malato» e vanno esercitate con «sapienza e prudenza» (Lutero, Lezioni su 1. Mosé (1535-45). Il teologo di Wittenberg si riferiva innanzitutto alle arti liberali (grammatica, retorica e dialettica) e del quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia e musica), ma anche alle arti meccaniche, quelle che si interessavano sia della cura fisica dell’uomo (medicina) sia della cura spirituale (disegno, pittura, scultura, architettura).

Lutero riteneva le arti, in particolare quelle visive, utili alla catechesi e alla meditazione, purché tratte dalla S. Scrittura; e vedeva nei dipinti e nelle sculture un veicolo efficace di annuncio e di comprensione del messaggio biblico. Il suo amico Lukas Cranach fece proprio il compito di riportare nelle sue opere pittoriche quei riferimenti biblici, che più riflettevano, a suo giudizio, la visione teologica di Lutero. Prese così inizio in ambito luterano un’ampia libertà di esecuzione di opere artistiche, sganciata anche dalle normative ecclesiastiche. Delle arti, Lutero considerava la musica come la più eccellente, la “Frau Musika”, strumento usato dallo Spirito Santo per toccare i cuori e prepararli all’accoglienza della Parola di salvezza. Egli stesso scrisse numerosi testi per inni e cantici, alcuni adattamenti di salmi o cantici tradizionali, e ne musicò perfino diversi, riportandovi la sua visione teologica e spirituale.

I Lieder luterani così hanno un carattere di vera professione di fede e di annuncio evangelico. Un esempio ne sono il così detto “cantico della Riforma”: Forte Rocca è il mio Dio (Ein feste Burg), oppure l’altro famoso canto Rallegratevi ora, miei cari cristiani (Nun freut euch, lieben Christen g’mein). I calvinisti per parte loro hanno per lo più riportato in melodia o hanno parafrasato i salmi, intonandoli all’unisono, e hanno in seguito, come gli altri evangelici, dato al canto un ruolo centrale nella loro celebrazione del culto e nelle loro adunanze.

§2. La speranza per i riformatori

Se l’arte ha una sua legittima e buona funzione, può essa essere per il protestantesimo segno di speranza? Riesce ad esprimere, nelle sue diverse branche, figurative e musicali, la speranza? può aiutare a sperimentarla e alimentarla?

Per i riformatori la speranza, (sulla scia di Eb 11,1), è certezza di cose attese, perché promesse da Dio, alla cui Parola il credente dà credito e in cui pone la sua fiducia. Perciò la speranza è generata dalla fede e ad essa è strettamente legata. L’una e l’altra sono facce di una stessa medaglia: la fede si fa speranza di salvezza per un futuro che Dio dona. Si tratta di una speranza di carattere escatologico, come quella tramandata dalla tradizione. Tuttavia in Lutero essa assume anche un altro aspetto, oltre a quello riguardante il futuro, la fine della vita. Infatti, come per fede si è giustificati, così per fede si spera e si opera la carità (Lutero, Sermone sulle buone opere).

Ovvero, come la fede è vissuta dal cristiano nella quotidianità della vita, sempre in relazione con il suo Signore, così è per la speranza. Il cristiano vive “già qui” nel tempo “il non ancora”, sperimenta in vita, anche se non pienamente, quanto vivrà nel futuro escatologico. La speranza, come la fede, è un’esperienza esistenziale, «odierna già qui nel tempo», di quanto avverrà nella vita eterna. Si tratta di un «movimento verso la globalità» (G. Ebeling) della vita del credente, i cui effetti, sottolineati fortemente da Lutero, sono: avvertire di trovare rifugio in Dio, e quindi gioire, esultare, rallegrarsi. Sono questi, secondo Lutero, i significati o sinonimi del verbo “sperare”. Pertanto la speranza è rigeneratrice di gioia; essa sola acquieta l’animo umano, gli dona sicurezza e limpidezza di coscienza (Lutero, Operationes in Psalmos).

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L’ultimo testo di Cassese
§3. La speranza nell’arte

La creazione è opera di Dio e porta in sé, secondo M. Lutero, le impronte del suo fattore (Lutero, Lezioni sulla Genesi); essa è anche veicolo di speranza, perché il Dio creatore è anche Dio della speranza. Un parallelismo accomuna creazione e arte. Come la creazione è opera di Dio così l’arte è dono di Dio; e come la creazione ci svela Dio, così avviene anche per l’arte. Essa è segno di speranza proprio perché nelle opere artistiche sono riflesse le tracce divine (si parla di panenteismo in Lutero). L’ assioma del messaggio luterano e di quanti si rifanno a lui è proprio questo: dalla rivelazione di Dio sgorga la fede e anche la speranza. Pertanto l’arte è comunicazione di fede e di speranza.Lo attestano alcuni esempi significativi, che qui vogliamo riproporre, di opere di artisti protestanti in cui è espresso il tema della speranza. Innanzitutto la Crocifissione di Lukas Cranach il Giovane, dipinta nel 1555, e conservata sopra l’altare della chiesa di S. Pietro e Paolo di Weimar. Si tratta di un «autorevole altare» (Elisabeth Asshoff), perché è un «quadro di fede» e «documento politico» del tempo, realizzato dopo la guerra di Smalcalda (1547). È stato definito come «una predica dipinta», con simboli significativi della fede luterana (Henrich Herbst).

Sarebbe troppo lungo presentare tutte le scene rappresentate nel dipinto e dare ad ognuna il proprio significato teologico. Ne ricordiamo solo due, quelle rappresentate in primo piano e perciò più in vista: la Crocifissione di Cristo, dal cui costato sgorga il sangue redentore che arriva sul capo del principe di Sassonia, Johann Friedrich, posto tra Giovanni Battista e Lutero, entrambi messaggeri dell’Evangelo. L’altra scena è il Cristo risorto che abbatte la morte (scheletro calpestato) e il demonio (mostro cui infigge una lancia in gola). La comunicazione teologica del dipinto è quella dello stesso Lutero: il messaggio di Cristo morto e risorto suscita nel cuore del credente la fede e al tempo stesso la speranza.

Tuttavia la speranza è segnalata anche da un altro simbolo. Il diavolo, sdraiato per terra, porta sul braccio sinistro tre fiori di papavero. Si tratta di un fiore che già nell’antichità era simbolo di Ipnosi, il dio del sonno, come Morfeo era considerato il dio del sonno e della notte. Il papavero veniva posto sulla pietra tombale e voleva simboleggiare la speranza, che la morte è solo un sonno, da cui ci si sveglierà. Nell’insieme della Crocifissione di Cranach il papavero richiama la risurrezione del credente, che vive già nel tempo la sconfitta della morte.

Una trilogia di quadri di Caspar David Friedrich (1774-1840), famoso pittore di fede luterana, offre a catena una riflessione teologica di notevole interesse.

Il quadro Il mare di ghiaccio (1823-1824), esposto all’Hamburger Museum, presenta una serie di lastre di ghiaccio acuminate. L’autore vuole ricordare il naufragio della nave dal nome Speranza, esploratrice del Polo Nord, che si frantumò tra gli scogli. Il significato religioso dell’opera rispecchia il pensiero di Lutero: la nave frantumata esprime il naufragio di ogni impresa umana per esplorare l’infinito e quindi l’incognito, l’immortalità. L’uomo non può salvarsi da solo, la sua speranza naufraga contro gli scogli della natura. Ecco il senso del sottotitolo dell’opera: Il Naufragio della Speranza.
Prima di questo, nel (1818) Friedrich aveva dipinto un altro quadro dal titolo: Viandante sul mare di nebbia.
L’opera richiama il senso dell’Infinito di fronte al quale l’uomo avverte la propria piccolezza; egli si sente di vivere nella nebbia e scorge davanti a sé un’immensità (quella di Dio), dinanzi alla quale percepisce nel profondo la propria nudità e inadeguatezza, i propri errori, insicurezze e dubbi.

Tale potenza divina, significata dalla creazione, non spaventa il viandante, lo induce a rientrare in sé stesso e a scoprire nella grandiosità della natura la presenza divina.

L’uomo pellegrino è alla ricerca di luce, di verità, di senso per la sua vita, e guarda in alto, lontano.
Cosa, chi può dargli una risposta? Dove puntano le sue attese? Friedrich a tale proposito offre la sua risposta in un’altra opera, laddove esplicita più di quanto fatto nel quadro del viandante la meta della propria ricerca.

È il quadro La croce sulla montagna, dipinto nel 1808, per il re di Boemia. Ogni uomo, come viandante, è invitato a guardare in alto, sul monte ove su una roccia si ergono degli abeti ed è posto un crocifisso. Cristo in croce è Colui che ha rivelato il volto di Dio e si è dato per la salvezza degli uomini. Sotto il cielo nuvoloso si notano chiaramente tre raggi di luce (la Trinità), che scendono dall’alto legando cielo e terra, proprio perché quell’uomo-Dio crocifisso ha unito Dio agli uomini con la sua incarnazione e morte per loro. La roccia simboleggia la fermezza della fede, e gli alberi che spuntano su di essa la speranza nel Salvatore.

Ci sembra una trilogia veramente significativa proprio come legame tra arte e fede, arte e speranza.
Manca forse in questa trilogia di Friedrich il richiamo esplicito alla risurrezione di Cristo. Quella che secondo il teologo J. Moltmann dà concretezza alla speranza cristiana, proprio perché «la risurrezione di Cristo fonda la storia in cui l’uomo può e deve vivere, mostrandogli la via verso gli eventi futuri».

Essa però viene esplicitata in opere di altri autori di sensibilità protestante, conservate anche in chiese evangeliche. Richiamiamo qui, accanto al dipinto di Cranach, già considerato, la pala dell’altare della chiesa evangelica di Gröbming, in Austria. Qui, l’immagine del risorto vuole richiamare l’accoglienza da parte di Dio, oggi e domani, di colui che pone nel Cristo ogni speranza.

§4. Conclusione

Si avverte oggi nelle chiese protestanti, non solo di confessione luterana, la necessità di una stretta collaborazione tra manifestazioni artistiche e teologia cristiana, anche in vista di un miglioramento delle celebrazioni del culto e dell’offerta della fede. Si pensa agli ambienti liturgici, agli spazi ecclesiali perché possano facilitare il richiamo e l’annuncio della fede e la possano alimentare; così pure all’uso della musica nella liturgia e fuori di essa, alla modernizzazione dei testi dei canti per una maggiore vicinanza alla sensibilità dell’uomo d’oggi. L’arte infatti può dare un significativo contributo all’annuncio e alla crescita della fede.

Le domande che le chiese protestanti si pongono vertono sul rapporto tra esperienza estetica ed esperienza religiosa; come si possono legare l’una l’altra scenografia e ripresentazione? Quale rapporto tra liturgia secolare e spirituale? Chi oggi vuole superare l’opposizione linguistica e relazionale, che ha oscurato in quasi due secoli chiesa e arte, deve osare un libero incontro tra i partner di entrambi gli ambiti, pur autonomi nelle proprie richieste e concezioni (Catechismo luterano degli adulti, 2013, p. 910s).

Pertanto l’arte può essere un’apertura al futuro, in quanto invita continuamente «ad immettersi nella vita in una forma più sciolta, più veggente, più giovane e più cordiale; a diventare persino più uomini» (Hans-Eckehard Bahr). L’arte può dare un valido apporto all’evangelizzazione ed essere alimento alla speranza dei credenti, come di tutti gli uomini.