L’arte di Luca Giordano non finisce mai di stupire, tale è la diversità dei registri adottati dal maestro durante la sua vita e la sua capacità di adeguarsi ai contesti ispirativi e al gusto e alla sensibilità della committenza. Giordano fu un grande assimilatore di linguaggi, un versatile sperimentatore, ma soprattutto un abile amministratore di se stesso. La sua bottega era organizzata con criteri scientifici. Una volta ideata l’opera, con bozzetti e disegni preliminari, distribuiva il lavoro agli allievi, adattandolo ai loro talenti. Normalmente lasciava ai meno capaci le cose più modeste e meno pagate, che comunque controllava con rigore strada facendo; metteva mano all’opera in prima persona solo dove il suo nome era adeguatamente remunerato. Ed era di una straordinaria velocità di esecuzione, tanto da essere soprannominato, come è noto, “Luca Fapresto”.

 

Era un visionario. Lo testimonia l’opera che fa da immagine portante della mostra appena aperta a Napoli, al museo di Capodimonte, a cura di Stefano Causa e Patrizia Piscitello, che segue, ma con altro spirito ed altra logica espositiva, quella omologa chiusa con successo nel febbraio scorso al Petit Palais di Parigi. A Napoli le opere sono infatti collocate nella sala Causa con un allestimento più conseguenziale, con l’intento di lasciare per così dire il discorso aperto, orientando il visitatore a proseguirlo nella città, nelle tante chiese partenopee in cui sono dipinti e affreschi del maestro. L’immagine portante, San Michele Arcangelo sconfigge gli angeli ribelli, datata 1657, un olio di quasi quattro metri di altezza, proveniente dalla parrocchia della SS. Ascensione a Chiaia, è un dipinto sorprendente. Le figure, angeli e demoni, viste dal basso verso l’alto, sono come assorbite da un dinamismo vorticoso , in un paesaggio di luci morbide e diffuse, in cui sovrasta il santo che incede con invincibile energia.

 

La maestria di Giordano, uno dei protagonisti del barocco europeo, era soprattutto nell’assetto compositivo delle opere. Come dimostrò in particolare a Firenze, nel ciclo di affreschi di Palazzo Medici Riccardi e in molti dipinti del periodo spagnolo, in cui al movimento espansivo tipico del barocco sostituì un dinamismo essenzialmente concentrato sul primo piano. Tutto accade dinanzi allo spettatore, che viene catturato, diventa protagonista. Ma, come si è scritto, il suo registro fu mutevole, a cominciare da quello riberesco, che assimilò durante gli anni della formazione. Diverse sue opere lo testimoniano, come Apollo e Marsia, del 1660. In mostra sono anche gli artisti che interagirono con la sua arte, contemporanei o postumi, a cominciare proprio da Ribera, di cui è uno splendido San Sebastiano, del 1651. E poi Paolo de Matteis, Pietro da Cortona, Mattia Preti, Micco Spadaro ed altri, tra cui Nicola Malinconico, il maggior seguace di Giordano. A Napoli sono presenti anche disegni e bozzetti ed opere d’arte minore del maestro, tra cui una splendida maiolica lumeggiata in oro raffigurante la Caduta di Fetonte.
Giorgio Agnisola

Luca Giordano, dalla Natura alla Pittura

Napoli, Museo di Capodimonte. Fino all’11 Aprile 2021.