Poesia & Teologia

F. FerrarioTeologia ed ecologia nella poetica di Kurt Marti
Fulvio Ferrario

Un breve profilo

Kurt Marti è stato un significativo esponente della vita letteraria e spirituale del mondo germanofono, tra gli anni Sessanta e Novanta del secolo scorso. Bernese, nato nel 1921 in una famiglia borghese, decide di diventare pastore, studia teologia a Berna e Basilea e, in questa seconda sede universitaria, incontra Karl Barth che, come vedremo, lo colpisce profondamente1. La prima pubblicazione poetica è del 1961, più o meno concomitante con l’assunzione del ministero alla Nydeggkirche, in pieno centro storico della capitale. In breve, il pastore Marti diventa un protagonista della vita pubblica cittadina e svizzera, sia per le sue opere letterarie non convenzionali, sia per le sue prese di posizione politiche: impegno a sinistra, contro la guerra del Vietnam, contro le armi nucleari e le centrali atomiche, contro i legami tra i poteri economici e finanziari elvetici e diverse dittature. Nella chiesa bernese, Marti è da un lato un uomo prestigioso (pastore di una comunità del centro, collaboratore fisso della rivista della chiesa, personaggio pubblico comunque riconosciuto), dall’altro una figura guardata dagli ambienti conservatori. Quando, negli anni Settanta, la Facoltà teologica dell’Università di Berna vorrebbe offrirgli una cattedra di omiletica, sia il Consiglio Sinodale (la direzione della chiesa), sia il Consiglio cantonale (il governo del cantone) si oppongono. L’Università ribadirà la propria convinzione conferendo a Marti il dottorato ad honorem in teologia2. Dopo essere andato anticipatamente in pensione, Marti intensifica l’attività letteraria, i viaggi, le conferenze. La morte della moglie, nel 2007, Hanni Morgenthaler, precipita il poeta in una crisi profonda, che non ne annulla completamente la creatività, ma dalla quale non si riprenderà più. Dopo dieci anni, quasi interamente vissuti in una casa di riposo di Berna, egli si spegne l’11 febbraio 2017.

Il centro dell’opera di Marti è costituito dalla produzione poetica, ma il suo lavoro è multidimensionale: già si è ricordata la sua attività di columnist sulla rivista ecclesiastica Reformatio; ma non possono essere dimenticate le predicazioni, alcuni commenti biblici da esse più o meno direttamente derivati3, saggi di varia natura; in relazione più stretta con il nucleo poetico dell’opera di Marti vanno citati i racconti, i pezzi teatrali, la collaborazione con musicisti, del tipo che ha dato origine alla Kurt Marti suite4.
Le due raccolte di poesie tradotte in italiano5 non sono state sufficienti a promuovere la notorietà di questo Autore nel nostro paese; il centenario della nascita ha costituito, con tutti i limiti del tempo pandemico, un evento significativo in Svizzera e un poco anche in quello italofono, ad opera soprattutto delle trasmissioni religiose protestanti della Radiotelevisione della Svizzera Italiana6: è giusto dire, tuttavia, che Marti resta in Italia completamente ignorato. Il fatto non può stupire, se non altro perché si uniscono in lui svariati elementi che, in un contesto come quello nostrano, costituiscono praticamente una garanzia di emarginazione: è un poeta, frequenta, anche se non in termini esclusivi, tematiche cristiane e, se non bastasse, lo fa in una prospettiva protestante.
Questo breve intervento intende soprattutto contestualizzare i testi di Marti che vengono proposti e che hanno come filo conduttore la dimensione che, per comodità, chiamiamo ecologica, o ambientalista. Per farlo, tuttavia, può essere utile dapprima presentare i lineamenti fondamentali della poesia del pastore svizzero e in seguito svolgere qualche breve considerazione sul rapporto tra essa e la dimensione teologica.

Fede, politica, vita quotidiana

Il poetare di Marti è essenzialmente in versi liberi, con una marcata attenzione alla musicalità della lingua e al gioco di parole. L’Autore si definisce uno «scettico del linguaggio», interessato cioè a smontare il funzionamento della parola e della sintassi; tale decostruzione, tuttavia, è funzionale alla scoperta di possibilità espressive a prima vista nascoste. I versi rinunciano quasi sempre e quasi integralmente alla punteggiatura e alle maiuscole, cercando in tal modo di esaltare, mediante la nudità delle parole, la loro carica espressiva. Per circa un decennio, Marti utilizza anche il dialetto bernese. Nella Svizzera tedesca, com’è noto, il cosiddetto dialetto costituisce una vera e propria lingua, specifica in ogni cantone, benché ogni variante sia compresa dagli svizzeri tedeschi di altri cantoni. Il bernese accentua naturalmente il radicamento nella cultura locale, nonché il peso della musica del linguaggio, pagando volentieri il prezzo di una ridotta comprensibilità per i non svizzeri tedeschi. La frequentazione dello chansonnier bernese Mani Matter, prematuramente scomparso nel 1972, a 36 anni, si inserisce in questo periodo «dialettale».
Dal punto di vista dei contenuti, l’intreccio tra fede, politica e vita quotidiana delinea plausibilmente gli interessi di Marti. Del tema religioso diremo in seguito. La politica e, come diremo, l’interesse per le tematiche ambientali, in tempi non sospetti, sono centrali. A distanza di una cinquantina d’anni, quel sinistrismo può apparire un poco di maniera, ma non doveva essere il caso nella sonnacchiosa Berna degli anni Settanta, conservatrice fino al limite del reazionario. La Svizzera era, e forse è ancora, così: poliglotta, cosmopolita e aperta ai venti delle diverse culture da un lato, in un certo senso persino tollerante e con aspetti precoci (e, certo, ambigui, carichi di sofferenza, contraddizioni, ma anche promesse che non andrebbero taciute) di multiculturalismo, specie a Zurigo, forse meno a Berna; infinitamente chiusa e provinciale dall’altro, in un intreccio non semplice da interpretare per chi lo vive da fuori. Marti, invece, lo viveva da dentro, animato da un profondo amore per il paese e la città, talmente profondo da non risparmiare la critica tagliente. E poi la vita quotidiana: quella della gente normale, che, spesso, è povera gente, anche in un paese che proprio in quegli anni schizza ai vertici mondiali del reddito pro capite, in competizione con gli emirati del petrolio. Queste persone normali sono, ad esempio, le grandi protagoniste delle Leichenreden (Discorsi funebri), una sorta di Spoon River mitteleuropea, nella quale Marti celebra la vita parlando della morte e dei morti, la presenza di Dio cantando la secolarità, la speranza narrando sconfitte.

L’elemento teologico

La teologia di Marti è destabilizzante, attenta più a sottolineare le domande e le fratture che ad illustrare in termini compiuti le cosiddette risposte della fede. Ci si potrebbe chiedere se evidenziare, come se fosse un tema a parte, un elemento cristiano e teologico in Marti non costituisca una forzatura: proprio la profanità del cosiddetto sacro (e un po’ anche la sacralità del profano) sono al centro del suo dire. Il ogni caso, pur con tutte le riserve critiche (che alla fine sono anche quelle della teologia cristiana), Marti non può fare a meno di pronunciare e tematizzare la parola «Dio», a suo dire soggetto di una passione non prima di analogie con quella di Gesù7.
Qualcuno ha contraddetto l’autointerpretazione dello stesso Marti, che sottolinea costantemente il proprio debito nei confronti di Karl Barth: la teologia di Barth, secondo questi critici, costituirebbe una specie di neo-ortodossia massiccia e compatta, imperniata su un autoritarismo spirituale e concettuale agli antipodi della critica corrosiva di Marti8. Questo tipo di osservazioni è comprensibile, non privo di aspetti condivisibili, ma forse debitore nei confronti di una lettura unilaterale di Barth. Per un pastore svizzero formatosi nel Dopoguerra, Barth è colui che, dopo aver detto la cosa giusta nella Germania hitleriana, contesta il conservatorismo elvetico e che nell’epoca della Guerra Fredda non vuole schierarsi contro le ragioni del socialismo. La teologia neoliberale che oggi vorrebbe processare Karl Barth sembra faticare a cogliere questo elemento sovversivo del suo pensiero e, anzi, a volte lo rimuove consapevolmente: per un uomo come Marti, esso è invece di immediata evidenza.

La dimensione ecologica

Come già accennato la sensibilità ambientalista fa parte, fin dall’inizio, dell’ispirazione di Marti e costituisce un luogo privilegiato di intreccio tra fede, politica e vita quotidiana. Anziché tentare un’analisi generale del tema nell’opera del poeta, preferisco fornire alcune note introduttive ai tre testi che pubblichiamo9.
Così parlo presenta nella prima parte una serie di variazioni sui seguenti racconti biblici: Gesù che cammina sulle acque, il Discorso della montagna, le nozze di Cana, le resurrezioni neotestamentarie, la purificazione del tempio. La seconda parte appare, se si vuole, assai poco «protestante»: l’Autore quasi si stupisce e si dispiace che su di lui, a quanto sembra, cioè sull’essere umano del nostro tempo, «non si possa più contare» per la salvezza ecologica del mondo. In realtà, quella che il pensiero luterano chiama desperatio fiducialis costituisce una dimensione decisiva della comprensione evangelica della fede. In Marti, tuttavia, la prospettiva dell’attivismo anni Settanta prevale certamente sul «correttismo» scolastico; e la stessa correttezza dottrinale, che è cosa ben diversa, non necessariamente costituisce un compito, o un requisito, della poesia.
Salmo balbettato propone il tema del rapporto tra l’esperienza della natura e quella della fede; fatalità esprime la protesta contro la desacralizzazione teologica del mondo. Anche in questi casi, per la teologia evangelica si tratta di riflessioni molto audaci: l’idea, infatti, che il mondo non sia sacro (né demoniaco), bensì profano fa parte dell’impianto classico di una teologia della creazione; e non è affatto detto, nonostante la vulgata contemporanea, che desacralizzare il mondo debba per forza condurre al suo abbandono, alla rapacità sfruttatrice degli esseri umani. Marti però, che è profondamente immerso nella cultura critica occidentale, resta insoddisfatto della sensibilità ecologica del mondo di matrice europea. Probabilmente, quando la sua voce ha posto queste domande, esse avevano un’originalità e una capacità di decostruzione che oggi hanno un po’ perduto, anche per ragioni in sé positive: il fatto cioè che il pensiero anche teologico interessato alla dimensione ecologica si è potentemente sviluppato. Tale sviluppo promettente reca con sé, come conseguenza secondaria, anche una certa demagogia ecologista, che ritiene di reagire a unilateralità del passato in modo speculare.

Tre poesie di Kurt Marti

Così parlo

venissi tu ancora camminando
su mari gelatinosi
magari per un sermone su un monte di rifiuti
cambiando l’acqua nuovamente in acqua
risuscitando da strati di cemento boschi che respirano
purificando dal piombo templi di sangue e polmoni

così parlo
così parlo
come se su di me
come se su di noi
non si potesse già più contare

Salmo balbettato

1

se una rana interrogasse
non la capiremmo
se la pietra cantasse
non la udremmo
se la felce profetizzasse
non ce ne cureremmo

ma tu
nella rana la fata
nella pietra un principe
il vento tra le felci
tu cogli

2

come gracchiare di corvo
vaga e stranita
la mia lode:

raccolgo una foglia
racconta di te?
la mano soppesa un sassolino
è il tuo peso?
cammino nel sole
sei tu che accarezzi?
avanzo nella pioggia
è così che fluisce la risposta?
sosto perplesso
sei tu che mi hai sconvolto?
crollo a terra
mi forzò la tua gravità?

3

santo
santo
il frammento
di terra

dove
balbetto
senza senso
né scopo

avanti
calzato
e
in ginocchio

sole
caldo sulla
nuca
arde

acqua
selvaggia
rotola
il suo canto

leggera
scorre ora nel sangue
lode in
corpo e spirito

Fatalità

i cristiani partirono un giorno
per ammaestrare i popoli:
i monti non sono sacri
le fonti non sono sacre
gli alberi non sono sacri
gli animali non sono sacri
gli umani non sono sacri
nulla è sacro sulla terra
sacro è solo dio nel cielo

e dunque
la creazione fu desacralizzata
e gettata in pasto
a empia avidità


NOTE

1. Per la ricostruzione degli anni giovanili si veda l’autobiografia, Ein Topf voll Zeit, Nagel & Kimche, München, 2008; la migliore ricostruzione biografica critica è di M. Papst, Kurt Marti: Dichter – Zeitzeuge – Gottesmann, nella raccolta di saggi Grenzverkehr (vedi sotto), pp. 19-36. Non abbiamo un’edizione critica, o anche solo organica e completa, delle opere di Marti. Un’ampia scelta di testi in poesia e prosa è in Werkauswahl in 5 Bänden, hrsg. von K. Marti und E. Pulver, Nagel & Kimche, Zürich, 1996. In occasione del centenario della nascita di Marti sono uscite due raccolte di testi inediti, rispettivamente poetici e in prosa. Hannis Äpfel. Gedichte aus dem Nachlass, hrsg. von G. Kneta, mit einem Nachwort von N. Gomringer, Wallstein, Göttingen, 2021; Der Alphornpalast. Prosa aus dem Nachlass, hrsg. von Stephanie Leuenberger, mit einem Vorwort von F. Hohler. Ciò va integrato con i lavori molto importanti inclusi nel volume collettivo Grenzverkehr. Beiträge zum Werk Kurt Martis, hrsg. von P. Bühler und A. Mautz, Wallstein, Göttingen, 2016.
2. Sul conflitto intorno all’assegnazione o meno della cattedra a Marti si veda ora: B. Bietenhard, S. Blaser: Geschichte der theologischen Fakultäten der Universität Bern, TVZ, Zürich, 2020, pp.280-290.
3. Uno è tradotto anche in italiano: Alleati di Dio, a cura di Th. Soggin, Claudiana, Torino, 1998.
4. Realizzata da Chris Walden Big Band e dal St. John’s Choir e ascoltabile anche online, su You Tube; i testi di Marti sono tratti da gott gerneklein. gedichte, Radius Verlag, Stuttgart, 1995.
5. Orazioni funebri, a cura di A. Zweifel Azzone, Crocetti, Milano, 2001; La passione della parola DIO, a cura di B. Ravasi e F. Ferrario, Claudiana, Torino, 2014.
6. Anch’esse rintracciabili in rete, ad es.: RSI.ch (consultato il 15/6/21)
7. Cfr. la passione della parola DIO, nel volume dallo stesso titolo, cit., p. 34.
8. Cfr. ad es. V. Wittekind, Kreativität und Kritik oder die »Verteidigung des Individuums«. Zu den theologischen Grundlagen von Kurt Martis Literaturtheologie, in Grenzverkehr, cit., pp. 188-224.
9. Così parlo e salmo balbettato sono tratte da La passione della parola DIO, cit., rispettivamente pp. 43 e 109-11; la traduzione di fatalità è presentata qui per la prima volta; l’originale, verhängnis, è in K. Marti, gottgerneklein, cit., p. 38.