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Itinerari

La Chiesa del Santissimo Salvatore o di Santa Maria dei Cerei, o Candelora, di Rometta (Me)

autore
Giovanni Arnò
La Sicilia è sempre stata terra di migrazioni di popoli e teatro di conquiste che ne hanno segnato la storia, modellando il suo territorio in un mosaico che il sovrapporsi di culture diverse ha contribuito a plasmare in una molteplicità di specificità ambientali, grazie anche agli apporti dei diversi gruppi umani che l’hanno occupata nel tempo, lasciando il segno, oltre che nella propria cultura, anche in originali forme architettoniche, testimoni di un passato remoto e dimenticato.
Uno di questi piccoli gioielli, poco conosciuti, è la chiesa del Santissimo Salvatore o Santa Maria dei Cerei o Candelora di Rometta, piccolo borgo situato in una zona impervia e boscosa della cuspide nord-orientale della Sicilia, in quel triangolo di territorio, compreso pressappoco tra Taormina e S. Marco D’Alunzio, che ha come vertice proprio Rometta, raggiungibile attraverso un percorso dal livello del mare tramite una strada che si inerpica per 11 km fino piccolo comune del messinese tirrenico, posto tra Capo Rasocolmo ed il promontorio di Milazzo, di fronte alle isole Eolie.Il suo antico nome, tramandato dagli scrittori del medioevo, R.m.t., fonema arabo del greco-bizantino R(y)m(a)ta, a sua volta derivato dal verbo greco-antico che significa difesa, riparo, ci dice già molto della vocazione di quel territorio nel corso dei secoli, volto ad assicurare ai suoi abitanti sicurezza e protezione in virtù della posizione naturale e della mano dell’uomo, quasi isola-fortezza perennemente soggetta ad attacchi esterni, un luogo di frontiera tra occidente ed oriente ed, insieme, baricentro millenario di politiche estere delle diverse civiltà del bacino mediterraneo.La storia poco nota del comune ci tramanda, infatti, la testimonianza di una sorta di enclave cristiana, con una forte presenza di chiese, eremi, cenobi, monasteri di rito orientale, dove la popolazione civile si organizzava in milizie armate per difendere la propria libertà dagli attacchi degli invasori musulmani.
Quella regione montuosa continuerà ad essere abitata da popolazioni cristiane, frequentata da monaci ed eremiti fedeli alla Chiesa Orientale; divenne una sorte di “Tebaide”, dove si poteva trovare asilo e, da lì, anche cercare di passare lo stretto per trovare riparo nella Calabria bizantina.

Tra gli altri monumenti di Rometta significativo ed emblematico è certamente la piccola chiesa del Santissimo Salvatore o di Santa Maria dei Cerei, o Candelora,- denominazione che trova riferimento in una speciale liturgia della benedizione dei Ceri che ivi si celebrava-, la cui edificazione, secondo studi recenti, risalirebbe tra il V/VI d.C.
Il monumento si presenta oggi in condizioni di notevole degrado, oggetto di infiltrazioni di acque piovane che minacciano in modo grave la sua integrità e lo stato di conservazione, condizione che non mina, però, la bellezza del sito e la suggestione che promana dalle sue originali forme architettoniche.

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Chiesa del Santissimo Salvatore di Rometta

L’austera struttura esterna orientata da est a ovest, senza croci esterne, con ingresso sul lato orientale, è caratterizzata da pietra calcarea, intervallata da rottami di materiale laterizio e rinforzata da materiale lapideo in alcuni punti ed ha l’aspetto di un cubo schiacciato da cui emerge il tamburo ottagonale (con nella sommità tre filari decorativi in mattoni, oggi poco leggibili, su cui poggia una copertura gradonata con tratto terminale emisferico) rivestito da composti cementizi superficiali, probabilmente realizzati in epoca recente e con funzione isolante.

L’edificio è anabside ed era completato da un esonartece tripartito di cui si leggono le tracce nella facciata d’ingresso e dai risultati degli scavi archeologici.
Basterebbero già queste caratteristiche appalesare l’originalità e l’arcaicità della costruzione con la persistenza delle forme romane del trapasso dal Tardo Impero alle prime costruzioni cristiane e con rimando a precedenti semantici della ultima architettura funeraria romana.

Ma l’aspetto di maggior rilievo è l’interno, che in origine doveva essere interamente affrescato, ma oggi, è possibile osservare solo rari lacerti di affreschi. La pianta è “a croce equilatera inscritta in un quadrato” con i bracci della croce coperti da volte a botte, mentre le quattro camere d’angolo con volte a crociera. Queste ultime erano chiuse da poderose murature e comunicavano solo per mezzo di una stretta porta per ambiente.

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Interno

E’ stato ipotizzato anche, ai fini della datazione della costruzione, la riconducibilità all’impianto planimetrico ai tanti esempi costruiti lasciati in tutte le regioni governate dai bizantini o di influenza culturale e religiosa bizantina, come ad esempio la Cattolica di Stilo, riconducibile al X-XI sec., modello di costruzione chiesastica monasteriale, a croce equilatera di epoca deuterobizantina con larghe aule suddivise in tre navate, chiaro compromesso fra l’ufficialità del rito latino introdotto dai conquistatori normanni e le consuetudini liturgiche del cristianesimo di esclusiva matrice bizantina

Ma tra queste due chiese, diversa sono gli elementi strutturali della Cattolica quali la presenza delle absidi e delle cupole sorrette all’interno da colonne, diverso l’orientamento e la organizzazione degli spazi, diversa la loro fruizione e percezione formale; non si vede soprattutto a Rometta quella concezione architettonica complessiva tipica degli impianti deutero e tardo bizantini, dove tutti gli aspetti spaziali e decorativi mirano a riprodurre simbolicamente il mondo celeste, non quello terrestre.

Queste ed altre minori caratteristiche hanno fanno propendere per la costruzione della chiesa dei Cerei di Rometta non è stata costruita in un avanzato medioevo, o addirittura, come qualche studioso (Cecchelli, Demus) ha supposto, in epoca normanna, bensì fra i secoli V e VI; e che essa in origine non era una chiesa, ma presumibilmente un Battistero, come, peraltro, fanno pensare recenti indagini archeologiche, con resti di canalizzazioni rinvenute al di sotto dell’originario piano pavimentale. In questo caso la sua presenza presuppone la esistenza di una chiesa vera e propria, una basilica, certo di maggiori dimensioni, che doveva sorgere in prossimità e di cui oggi non rimane alcuna traccia evidente.

Nonostante la successiva islamizzazione della zona, a causa della conquista saracena, la chiesa mantenne la sua struttura originaria e forse anche il culto. Nel XIII sec. ospitò una congregazione di suore le quali vi stabilirono un convento puoi abbandonato nel 1320 ed ha avuto utilizzo diverso nei secoli successivi fino al degrado attuale.
Va da ultimo annotato che per il particolare gioco di luci ed ombre che è possibile ammirare nella chiesa è stato ipotizzato che le coordinate azimutali dell’asse della chiesa, corrispondono esattamente all’alba o al solstizio d’inverno ed anche al tramonto del solstizio d’estate.

Giovanni Arnò