Lubomir Žak
L’urgenza del ritorno alla pace
Max J. Metzger, sacerdote cattolico tedesco1, è stato decapitato nella prigione di Brandenburgo il 17 aprile 1944. Il suo arresto e la condanna a morte sono stati preceduti dal ritrovamento di un suo manifesto2 che intendeva inviare in Svezia, perché venisse consegnato ai massimi rappresentanti degli Stati impegnati nella lotta contro il Terzo Reich. Il breve documento conteneva una riflessione sui principi socio-politici ed etici nei quali andava radicata l’unità dei popoli dell’Europa, da costruire dopo la disfatta della Germania di Hitler. Tale riflessione è stata giudicata un imperdonabile tradimento della nazione tedesca. La polizia segreta e i giudici del Tribunale di giustizia del popolo sapevano però che il manifesto non era altro che l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza del regime nazionalsocialista, visto che il sacerdote era da anni impegnato nelle attività considerate sovversive, in contrasto con la Weltanschauung del Führer. Si trattava della diffusione, con tutti i mezzi possibili, degli ideali pacifisti.
Il desiderio di contribuire alla costruzione della pace animò Metzger per tutta la vita, sin dal ritorno, nel 1915, dai campi di battaglia del primo conflitto mondiale. Fu d’allora che iniziò a riflettere sul nesso tra la guerra e lo stato di crisi del cristianesimo europeo. Infatti, già nel 1916 pubblicò il saggio La guerra mondiale. Bancarotta o trionfo del cristianesimo?3, scritto per denunciare l’orrore della guerra e soprattutto l’assopimento della coscienza dei cristiani di entrambe le parti in conflitto. In esso si chiese: «I popoli cristiani sono oggi davvero ancora tali? Gli uomini d’oggi sono ancora cristiani in modo da poter rivendicare il diritto di portare con onore il nome di Cristo?»4.
Alla fine del primo conflitto mondiale Metzger divenne direttore e capo redattore di alcuni giornali cattolici austriaci e tedeschi. In essi affrontava i temi di attualità, tra i quali il tema dell’educazione alla pace e quello del necessario rinnovamento della società e della cultura europea, impossibile senza un rinnovamento del cristianesimo. Contemporaneamente s’impegnò con tutte le forze ad appoggiare e a promuovere, in Austria, Germania e in altri paesi d’Europa, iniziative aventi come obiettivo la riconciliazione delle nazioni e degli Stati coinvolti nello scontro bellico.
Va ricordato che già nel 1917 scrisse e diffuse il suo Programma di pace, formulando in dodici punti i presupposti chiave per una pacifica e fraterna convivenza tra le nazioni5. Esso venne inviato anche a Benedetto XV, il quale lo accolse molto positivamente, considerandolo un’importante iniziativa in sintonia con i suoi stessi sforzi di fermare il fatale conflitto6. Sempre nel 1917, il sacerdote tedesco decise di fondare l’Unione mondiale di pace della Croce Bianca, una delle prime istituzioni del nascente pacifismo cattolico.
Con il concludersi della prima guerra mondiale Metzger estese l’attività di defensor pacis anche all’estero: nel 1920 contribuì alla fondazione, a Haag, della Internazionale cattolica (IKA)7, inaugurò una fruttuosa collaborazione con il pacifista francese Marc Sangnier e i suoi collaboratori e divenne membro dell’Unione internazionale di riconciliazione. Fu grazie alla partecipazione ai congressi internazionali organizzati dalle istituzioni pacifiste europee che iniziò a entrare in stretto contatto con i pacifisti delle confessioni non cattoliche. Infatti, l’idea di occuparsi, in seguito, del problema dell’unità dei cristiani nacque e si sviluppò, in lui, grazie all’attiva frequentazione di circoli di orientamento pacifista. Se, poi, tale idea iniziò a impadronirsene con una sempre maggiore insistenza e convinzione, ne è causa la sua stessa visione del futuro, che maturò in lui solo a pochi anni dal concludersi della Grande Guerra. Già allora, infatti, Metzger iniziò a intravedere il pericolo di una guerra nuova, ancora più terribile di quella precedente. Egli, allo stesso tempo, si rendeva conto della scarsa volontà dei governi europei di impedire che tale pericolo venisse realmente scongiurato. Per questo motivo decise di iniziare a cercare gli alleati per la causa della pace tra coloro che, almeno così si poteva presupporre, sarebbero stati attenti ai “segni dei tempi”: i cristiani di tutte le denominazioni.
La via ecumenica verso la pace
Nel 1924, anno in cui Adolf Hitler lavorò alla stesura del libro Mein Kampf per incitare a una nuova guerra, Metzger decise di pubblicare sulle pagine di un giornale un breve ma toccante saggio intitolato Io cerco…, animato dal tono ammonitore di chi intende scuotere le coscienze dei cristiani di ogni confessione. Richiamandosi all’esempio del filosofo Diogene di Sinope, il sacerdote scrive come uno che cerca, con la lanterna in mano portata alla luce del sole, uomini «che pensano ragionevolmente e giudiziosamente, che non si lasciano ingannare dallo stupido gioco di prestigio dei seduttori e truffatori della politica e dell’economia»8.
Un’importante tappa nella ricerca, all’interno del mondo cristiano, degli alleati fu la Prima Conferenza mondiale di “Faith and Order” svoltasi a Lausanne nel 1927. È noto che il Santo Uffizio vietò ai cattolici la partecipazione a tale evento. Tuttavia Metzger, assieme al sacerdote e teologo Hermann Hoffmann, riuscì a ottenere uno speciale permesso. A Lausanne ebbe la possibilità di incontrare i principali protagonisti del movimento ecumenico: Nathan Söderblom, Charles H. Brent, Anders Nygren, Sergej Bulgakov e molti altri ancora.
L’attività ecumenica di Metzger entrò in una nuova fase dopo il 1933, quando il potere nella Germania si concentrò completamente nelle mani di Hitler. Essendo seriamente preoccupato per le sorti del popolo tedesco guidato dal regime dittatoriale del Führer e dei nazionalsocialisti, il sacerdote sentì la necessità di promuovere, in Germania e in Europa, con tutte le forze, il dialogo tra i cristiani di differenti confessioni; dialogo che, di conseguenza, avrebbe dovuto superare la crescente ostilità e l’inimicizia, di matrice nazionalistica e razzista, della società tedesca nei confronti di altri popoli. Il cammino ecumenico di Metzger si intensificò in particolare tra la fine del 1938 e l’inizio del 1939, periodo in cui decise di fondare la Fraternità interconfessionale Una Sancta, collaborando intensamente con lo storico della Chiesa e della Riforma J. Lortz.
Con la fondazione della Fraternità egli volle contribuire all’attuazione dell’unico Reich possibile: quello del Cristo Re, costruito non con la violenza delle armi, ma con una vita animata dallo Spirito eterno ed onnipresente di Dio Amore. Gli obiettivi che la Fraternità intendeva raggiungere erano i seguenti: «Essere maggiormente consapevoli della già data (anche dogmaticamente) unità di tutti in Cristo per mezzo dell’unico battesimo; pregare per una più ampia attuazione di quest’unità anche nel “corpo” della Chiesa; impegnarsi come costruttori dei ponti per un reciproco avvicinamento dei fratelli, separatisi a causa di molteplici malintesi e dell’umana incapacità di comprendere»9.
Il 1939 fu per Metzger e i suoi collaboratori l’anno di un’intensa campagna di informazione circa il progetto e le attività dell’Una Sancta. Egli preferì la via dei contatti personali e perciò indirizzò a numerosi pastori evangelici e riformati una lettera che informava delle sue convinzioni circa la necessità del dialogo ecumenico. Nonostante le forti restrizioni del regime verso la stampa, inclusa quella religiosa, scrisse altresì brevi saggi dedicati al tema dell’unità dei cristiani e al progetto della Fraternità, pubblicandoli in forma di piccole brossure predisposte ad un’ampia e agile distribuzione. Inoltre, ignorando la severa proibizione, da parte del governo nazionalsocialista, di ogni forma di riunione pubblica, nella Pentecoste del 1939 organizzò a Meitingen (nei presi di Augusta) il raduno, durato alcuni giorni, dei cattolici e dei protestanti, concepito come esperienza di dialogo teologico e di fraterna convivenza10.
È proprio in questo periodo che la Gestapo iniziò a interessarsi con maggiore intensità della sua attività ecumenica. Dopo un primo episodio di intimidazione e di breve arresto, nel 1934, Metzger venne arrestato una seconda volta nell’autunno del 1939. Eppure, nonostante fosse rinchiuso da alcuni mesi nel carcere di Augusta, egli non volle rinnegare in nessun modo la sua missione e perciò decise di fare ciò che gli fu possibile nelle condizioni carcerarie: pregare e scrivere. Fu in questa occasione che scrisse una lettera al papa Pio XII, considerata oggi uno dei documenti più profetici del nascente ecumenismo cattolico11.
Lettera carceraria al papa Pio XII
Il fondatore dell’Una Sancta scrisse al papa spinto dalla profonda preoccupazione per le sorti dell’umanità, ma soprattutto convinto che la responsabilità per la nuova guerra andava attribuita anche ai cristiani. Questi avrebbero dovuto aiutare le proprie nazioni a trovare una via d’uscita dall’inferno della guerra. Il fatto è che essi non erano in grado di farlo, non potevano, cioè, mai alzare energicamente la loro voce ed influire sugli avvenimenti del mondo nel nome dei principi eterni del nostro Signore, in quanto non erano uniti tra di loro.
Percependo la drammaticità degli eventi bellici che iniziarono a invadere inarrestabilmente l’Europa e il mondo, il prigioniero scrisse al papa di essere profondamente persuaso che i cristiani di tutte le confessioni avrebbero dovuto «pervenire a una grande “metanoia”, ad abbandonare le vie della ricerca della propria giustizia, della cecità e della superbia, e a ritornare pienamente a Cristo, Principe della pace, Re dell’amore»12. Anche la Chiesa cattolica, assieme ai suoi gerarchi, avrebbe dovuto essere coinvolta in questo processo. Ciò, però, sarebbe stato possibile solo se essa avesse adoperato nei confronti dei cristiani delle altre confessioni «una misura moltiplicata di umiltà e di carità», una misura del tutto necessaria, la cui mancanza veniva notata e rimproverata abbondantemente e in molte occasioni dai cristiani non cattolici. Di conseguenza, il sacerdote tedesco scrisse al papa:
«Va da sé che io non faccio miei in nessun modo tutti questi rimproveri. Essi, in parte, si basano su un fraintendimento della sacra responsabilità che i pastori della Chiesa hanno nella custodia del depositum fidei (1Tm 6,20) e nel suo annuncio (2Tm 4,2), e spesso poggiano anche su una negazione di principio dell’ufficio pastorale, di origine apostolica, dei vescovi (1Pt 5,2). Tuttavia, in base alle mie numerose esperienze, ho l’impressione che questa negazione non dipenda dalla cattiva volontà, ma piuttosto da una profondamente radicata diffidenza interiore. Essa può essere vinta solo quando i responsabili della Chiesa, in tutta umiltà e con un sincero esame di coscienza, si pongano il problema se nel loro esercizio e nella difesa dell’autorità ecclesiastica non entrino ancora sempre in gioco calcoli troppo umani di questo mondo. Nulla farebbe più efficacemente sparire dal mondo questi pregiudizi e, di conseguenza, nulla preparerebbe un avvicinamento interiore delle comunità ecclesiali da noi separate, quanto un atteggiamento di sincera umiltà di tutti i pastori della Chiesa, atteggiamento che, emanando dal di dentro, si rendesse sempre più visibile nonostante, anzi proprio in ragione di un esercizio responsabile della loro vocazione apostolica di pastori»13.
Visto che il destinatario della lettera fu il papa, una simile proposta non poteva che apparire, già allo stesso prigioniero, un tentativo fin troppo audace che avrebbe potuto essere giudicato poco rispettoso oppure incredibilmente ingenuo. Tuttavia, Metzger era convinto che era lo Spirito Santo a spingerlo a parlare in tali termini, e perciò non ebbe paura di esporsi di fronte al vescovo di Roma e ai suoi collaboratori, facendo, nella sua riflessione, ancora un altro passo in avanti: consigliò, cioè, a Pio XII di organizzare un incontro interconfessionale ad Assisi e, in seguito, di convocare un Concilio ecumenico. Ecco le sue stesse parole:
«Sulla scorta di molte conversazioni con diverse personalità non appartenenti alla nostra Chiesa posso tranquillamente affermare che se i cristiani, da noi separati, vedranno la disponibilità della gerarchia ecclesiastica ad esaminare senza pregiudizi tutto ciò che nella coscienza dei non cattolici suscita perplessità; se essi troveranno proprio qui attuate l’umiltà e la carità pronte ad ascoltare lo Spirito Santo nonostante questa volta parli attraverso un fratello in Cristo che crede diversamente (Gv 3,8), allora sarà realizzato un interiore avvicinamento che metterà insieme ciò che ora sembra difficilmente conciliabile. Umiltà e carità vincono tutto. Il momento attuale sembra forse meno indicato per avviare a soluzione il problema della riunificazione dei cristiani. Pare davvero che la guerra abbia messo da parte ogni interesse umano. Eppure, a mio avviso, questa constatazione non è del tutto giusta. Infatti, è proprio l’esperienza della sventurata guerra che suscita in moltissime persone la volontà di uno sforzo straordinario per la salvezza del genere umano, per vincere l’apparente incapacità del Cristianesimo di influire sugli avvenimenti del mondo. Solo quando la guerra avrà gettato i popoli della terra in una miseria sconfinata, il mondo intero attenderà una grande parola di salvezza. Solo nella fede si potrà tentare quanto allora sarà necessario. I tentativi a metà e senza coraggio saranno condannati in anticipo al naufragio. (…)
Certo, questo non sarà possibile senza un’accurata preparazione. A me pare che questa non debba più essere rinviata. Potrei immaginare che, a questo scopo, la Vostra Santità decida di scegliere una dozzina di persone di Sua fiducia, personalità ecclesiastiche note di provata scienza teologica, di fede salda e insieme di adeguata larghezza di spirito, di umiltà e carità; persone che provengano soprattutto dai Paesi in cui è in atto la divisione della Chiesa e, perciò, interiormente sensibili alle questioni suscitate da una simile situazione. Esse, per incarico di Vostra Santità, dovrebbero tentare di instaurare un primo contatto con un uguale numero di autorevoli rappresentanti delle comunità ecclesiali separate. (…)
Forse la sede appropriata, per un simile incontro, potrebbe essere Assisi, dove lo spirito del Poverello, venerato da tutti i cristiani senza distinzione, favorirebbe un’atmosfera di pace e di riconciliazione. Lo scopo di questi primi colloqui dovrebbe essere un’obiettiva presa di coscienza delle reali difficoltà come anche delle sempre più manifeste possibilità di avvicinamento. I pareri delle persone di fiducia incaricate da Vostra Santità andrebbero, successivamente, rielaborati con cura da una commissione romana nominata da Vostra Santità, creando con ciò i presupposti per attuare un grande piano che – al momento voluto da Dio – coronerebbe tutta l’opera: la convocazione di un Concilio ecumenico che sarebbe destinato a dare un volto nuovo alla Chiesa riunificata»14.
Necessità di un rinnovamento della Chiesa
Appena rilasciato dalla prigione, il 4 dicembre 1939, Metzger non vide altro modo di contrastare il diffondersi della perversa logica della violenza e dell’odio nazionalista che proseguire sulla strada già intrapresa dell’intenso e capillare lavoro per l’unità dei cristiani. Perciò decise di predicare e di tenere conferenze sul tema dell’unità e sul progetto dell’Una Sancta in molte città della Germania, reclutando nuovi collaboratori e sostenitori. In molti luoghi, infatti, si formarono circoli di lavoro dell’Una Sancta, mentre, laddove questi erano già operanti, ricevettero, grazie alle sue visite, un nuovo impulso. Inoltre, dal 4 al 9 agosto 1940, egli organizzò a Meitingen un secondo raduno interconfessionale, ripetendolo successivamente nella capitale del Terzo Reich15.
Allo stesso tempo cercò di sviluppare una riflessione teologica più ampia, per fondare ecclesiologicamente l’idea dell’Una Sancta. Tale sforzo lo portò a riflettere sulla natura della Chiesa in una prospettiva capace di superare la vecchia ecclesiologia manualistica e confessionalista. Basta sfogliare le pagine dei suoi numerosi discorsi e saggi, scritti dopo il ritorno dalla seconda prigionia, per poter constatare quanto il suo pensiero avrebbe anticipato le intuizioni che i padri conciliari espressero venti anni più tardi nella costituzione Lumen gentium e nel decreto Unitatis redintegratio.
Con l’andare del tempo la sua comprensione della Chiesa-istituzione divenne più critica. Egli la riconobbe incapace di offrire una concreta e credibile testimonianza della verità del Vangelo. Riconoscendola, di conseguenza, «colpevole di fronte al “mondo”»16, affermò senza mezzi termini:
«Certamente la Chiesa non è senza una sua colpa quanto al giudizio dei tempi attuali. (…) La colpa non è di essa come “Chiesa” che è operante e benedicente forza dello Spirito dall’alto, ma come “Chiesa” che è rappresentazione della comunità di Cristo e che, però, nelle sue membra, è troppo poco fraterna. Le manca la fraternità che, però, il mondo di nuovo cerca di intravedere nella Chiesa e che in questo mondo di odio è l’unico araldo dell’amore con una voce veramente forte. Un amore, poi, al quale in fin dei conti certamente ancora aspira ogni cuore umano»17.
Metzger continuò a trattare i temi ecclesiologici ed ecumenici anche dopo l’arresto del 29 giugno 1943 e il successivo processo celebrato il 14 ottobre dello stesso anno, durante il quale venne condannato a morte. Oltre a una breve nota sulla visibilità e invisibilità della Chiesa e una riflessione intitolata Philadelphia18, egli riuscì a scrivere nel braccio della morte, con le mani legate, il trattato Theologische Abhandlung über das Königtum Christi19. Al suo centro ha posto l’idea di un nuovo ordine religioso – chiamato “ordine del futuro”, “Kyrios-ordine” o “ordine del Cristo Re” – che avrebbe incarnato in modo esemplare le quattro notae della Chiesa, fungendo da segno di speranza per tutti quelli che cercavano un’esperienza ecclesiale rinnovata alla luce del Vangelo di Cristo20.
Tale ordine doveva essere una sorta di ecclesiola in ecclesia, la cui forza motoria avrebbe aiutato la Chiesa cattolica ad «uscire dalla stagnante quiete verso un nuovo movimento di vita orientato alla grande meta: il “Regno” di Gesù Cristo»21. Tra le sue caratteristiche fondamentali Metzger annotava la piena ed armoniosa integrazione delle donne e degli uomini, dei laici e dei sacerdoti/religiosi, degli sposati e dei consacrati, dei dotti e dei semplici, delle differenti spiritualità e correnti teologiche, come anche delle differenti nazioni e culture.
Appartenere a questo ordine significherà – scrisse Metzger – poter frequentare «ogni giorno una scuola di semplicità, di umiltà e di amore, grazie alla quale il discepolato di Cristo sarà di eccellente qualità, e con l’aiuto della quale la comunità agirà in modo persuasivo, come fece già la primitiva comunità cristiana: homotymadon, con “un cuore solo e un anima sola”»22.
Ultima testimonianza
Il processo giudiziario celebrato a Berlino il 14 ottobre 1943 rappresentò per Metzger l’ultima occasione di testimoniare pubblicamente le proprie convinzioni pacifiste e ecumeniche. Esso si svolse sotto la presidenza di Roland Freisler, il giudice più sanguinario di tutta la storia del Tribunale di giustizia del popolo, noto per il cinismo e la crudeltà nei confronti dei detenuti politici.
Sul tavolo di Freisler si trovava il libro Pace sulla terra! Chiamata alla riconciliazione dei popoli, pubblicato da Metzger appena finita la Grande Guerra23. Prendendolo in mano, il giudice si rivolse all’imputato urlando: «Come si è potuto permettere di pubblicare già allora un simile scritto?». Il sacerdote rispose con calma, andando oltre gli insulti: «Nella guerra avevo conosciuto la miseria, l’indigenza e il terrore, cosicché non vi era, per me, un compito più prezioso da fare che impegnarmi per la comprensione dei popoli e la pace». Freisler, sempre più infuriato, gli urlò in faccia: «Ma quello Suo è un mondo del tutto diverso! Il Suo mondo non è compatibile con il nostro mondo! Cosa del genere non ha nessuno spazio da noi!».
Subito dopo il presidente attaccò il sacerdote per la sua attività ecumenica, esclamando: «Dunque Lei, dopo, ha fondato l’Una Sancta, e più tardi, probabilmente» – diceva con tono di voce agitato e con accanimento –, «ancora l’Una Sanctissima! Una Sancta, cos’è?». Nel silenzio della sala tutti trattennero il respiro mentre Metzger cominciava a rispondere. Le sue parole risuonarono nello spazio di “quel mondo” come una solenne professione: «Cristo ha fondato soltanto una Chiesa!». A questo punto si scatenò nell’aula un inferno. Freisler, fanatico del nazionalsocialismo, iniziò a gridare: «Una Sancta, Una Sancta… Una! Una!! Lo siamo noi! Fuori di noi non c’è niente altro!».
Ricordando questa scena, una partecipante al processo, amica di Metzger, constatò: «Di fronte a noi si ergeva l’insuperabile divario tra due mondi completamente contraddittori: quello cristiano e quello infernale».
Dopo aver letto la sentenza di condanna a pena capitale, Freisler aggiunge a proposito di Metzger: «Una simile erbaccia deve essere estirpata». Non sapeva che sopravvivrà al condannato solo per alcuni mesi. Continuando a osannare la guerra, morirà sotto le bombe degli alleati, nella capitale del Terzo Reich, incapace di immaginare per sé e per il popolo tedesco un altro mondo che quello sognato e costruito militarmente dal suo Führer.
NOTE
3. M.J. Metzger, Der Weltkrieg. Bankerott oder Triumph des Christentums, Volksheil, Graz 1916; ripubblicato in Id., Friede auf Erden! Ein Aufruf zur Völkerversöhnung, Verlag Volksheil, Graz 1918, pp. 5-18.
4. M.J. Metzger, Friede auf Erden, p. 10.
5. Per il testo originale del programma: ivi, pp. 54-56; cfr. M. Möhring, Täter des Wortes, pp. 215-216.
6. Si veda la lettera del 27 giugno 1917, firmata dal card. Gasparri, in M. Möhring, Täter des Wortes, p. 217. Alcuni studiosi hanno avanzato l’idea di un possibile influsso del Programma di pace sull’appello alla pace con il quale Benedetto XV si rivolse il 9 agosto 1917 agli Stati coinvolti nel conflitto mondiale.
7. L’IKA nasce grazie al contributo dell’Unione mondiale di pace della Croce Bianca e dell’Internacia Katolika Unuigo Esperantista (IKUE), associazione esperantista dei Paesi Bassi. Nel 1923 l’Unione mondiale si fonde definitivamente con l’IKA, nella direzione della quale si trova sin dal 1920 anche Metzger.
8. M.J. Metzger, Ich suche…, in Katholischer Missionsruf 8 (1924), p. 1.
9. M.J. Metzger, Gemeinschaftsbrief im Advent 1939, citato in M. Möhring, Täter des Wortes, p. 111.
10. Cfr. M. Möhring, Täter des Wortes, pp. 128-130.
11. Il testo originale della lettera è reperibile in M.J. Metzger, Christuszeuge in einer zerrissenen Welt, pp. 82-90, per la trad. italiana: La mia vita per la pace. Lettere dalle prigioni naziste scritte con le mani legate, San Paolo, Cinisello Balsamo 2008, pp. 105-118.
12. M.J. Metzger, La mia vita per la pace, p. 108.
13. Ivi, pp. 110-111.
14. Ivi., pp. 112-114.
15. Cfr. M. Möhring, Täter des Wortes, pp. 130-132.
16. M.J. Metzger, Gemeinschaft im Herrn, lettera inviata ad alcuni amici (probabilmente del 1941-42), dattiloscritto (in Archivio di Meitingen).
17. Ivi, p. 2 (dattiloscritto).
18. M.J. Metzger, Philadelphia, dattiloscritto (in Archivio di Meitingen); il testo originale della riflessione non è stato ancora pubblicato; ne esiste una traduzione italiana reperibile in L. Žak – N. De Mico, Philadelphia (M. J. Metzger): una riflessione sulla Chiesa scritta con le mani legate, in Lateranum 75 (2009), pp. 403-409.
19. Cfr. M.J. Metzger, Theologische Abhandlung über das Königtum Christi, in Aa.Vv., Maran atha. Zum 25. Todestag von Dr. Max Josef Metzger, Kyrios-Verlag, Meitingen – Freising 1969, pp. 33-115.
20. Cfr. ivi, pp. 80-101.
21. Ivi, p. 84.
22. Ivi, pp. 84-85.
23. La seguente ricostruzione del dialogo tra Metzger e Freisler si trova in M.J. Metzger, Christuszeuge in einer zerrissenen Welt, pp. 322-325 (si veda inoltre pp. 314-318).