L SembranoLucio Sembrano

 

Lucio Sembrano approfondisce la prospettiva biblica della parola pace, a cominciare dal termine shalôm la cui ricchezza di significati viene indagata nei libri del Pentateuco e negli altri scritti dell’Antico Testamento, oltre che nei libri profetici. La parola è poi confrontata con il termine greco eirenê, utilizzato sia nella versione greca dell’Antico Testamento, sia nel Nuovo Testamento. In entrambi i termini, la pace è sempre vista nel contesto dell’alleanza tra Dio e l’uomo, come dono divino dato all’uomo per se stesso ma anche per vivere le relazioni interpersonali e per tutto il mondo creato. La pace è il frutto dell’era messianica, che si contrappone a un presente abitato dalla guerra, dalle armi e dall’ingiustizia. Nel contesto etico di pace e di pacificazione testimoniato da Gesù e dalla Chiesa primitiva, la pace può essere associata alla nozione di non-violenza presente nella concezione tardo-ebraica del mondo apocalittico. Nelle Beatitudini, Gesù è il Messia non-violento che rivela il volto di un Dio che ama la creazione con un cuore di Padre. Così anche tutti quelli che si impegnano nella costruzione della pace rendono visibile al mondo l’amore di Dio e, a somiglianza di Gesù, si manifestano come figli.
Peace is always seen in the context of the covenant between God and man, as a divine gift given to man. to man for himself but also to live interpersonal relationships and for the whole created world. peace is the fruit of the messianic era, whichit is opposed to a present inhabited by war, and by weapons and injustice.

Shalôm

Nella Bibbia ebraica shalôm deriva dal verbo “completare”, usato per esprimere il compimento di edifici importanti come il tempio (1 Re 7,51 = 2 Cr 5,1), o le mura di Gerusalemme (Ne 6,15). Il termine indica il restauro in Lv 6,5 o il saldare i debiti in Ger 16,18; Lv 24,18-21. Il sostantivo ha un uso ancora più ampio. Come saluto, la radice shlm è usata per informarsi sul benessere di individui o gruppi (Gen 29,6; 43,27; Es 18,7; 1 Sam 17,18; cfr. Ez 13,16). Shalôm indica pure lo stato d’animo di appagamento o tranquillità. Is 32,17 stabilisce un parallelismo tra “pace” e “tranquillità e fiducia per sempre” come frutto della giustizia. È comune l’idea della pace conseguente alla morte (Gen 15,15; 1 Re 2,6). Shalôm connota anche l’amicizia, anche quella implicata nei “patti di pace” (Nm 25,12; Is 54,10; Sal 28,3; Pr 12,20), ed è associata alla “giustizia” (Is 32,16-17, cfr. Gc 3,18).
Nella Bibbia la “pace” è sicuramente assenza di guerra (Gdc 4,17; 1 Sam 7,14; 1 Re 5,12, ma indica pure il desiderio di una shalôm permanente, che coinvolge non solo il mondo umano, ma anche il creato. Dio pone agli israeliti una sola condizione, che consiste nel rispetto dell’alleanza:

3   Se seguirete le mie leggi, se osserverete i miei comandi e li metterete in pratica, 4 io vi darò le piogge al loro tempo, la terra darà prodotti e gli alberi della campagna daranno frutti. 5 La trebbiatura durerà per voi fino alla vendemmia e la vendemmia durerà fino alla semina; mangerete il vostro pane a sazietà e abiterete al sicuro nella vostra terra.

6   Io stabilirò la pace nella terra e, quando vi coricherete, nulla vi turberà. Farò sparire dalla terra le bestie nocive e la spada non passerà sui vostri territori. 7 Voi inseguirete i vostri nemici ed essi cadranno dinanzi a voi colpiti di spada. 8 Cinque di voi ne inseguiranno cento, cento di voi ne inseguiranno diecimila e i vostri nemici cadranno dinanzi a voi colpiti di spada.

9   Io mi volgerò a voi, vi renderò fecondi e vi moltiplicherò e confermerò la mia alleanza con voi. 10 Voi mangerete del vecchio raccolto, serbato a lungo, e dovrete disfarvi del raccolto vecchio per far posto al nuovo (Lv 26,3-9).

Nei Profeti, soprattutto a partire dall’esilio, la pace diviene norma etica e caratteristica dell’età messianica (cfr. Mi 5,4-5). La pace s’intreccia con il tema della distruzione delle armi e della riconciliazione degli ex nemici (cfr. Zc 9,9-10; Gn). Diversamente da quanto accade con la Pax Romana, se le armi vengono distrutte, spesso i nemici vengono convertiti e non annientati (Gn; Is 2,2-4; 9,2-7, e specificamente 19,24-25).

Eirene

Alla shalôm ebraica corrisponde in greco il termine eirenê, che ricorre sia nella traduzione greca dell’Antico Testamento, sia nel Nuovo Testamento.
Anche a causa della situazione di subordinazione sociopolitica e post-esilica ai sovrani assiri, babilonesi, persiani ed ellenisti, l’insegnamento biblico post-esilico invita alla saggia moderazione (Sir 41,14; 44,6) e alla pietà non violenta (Dn 11,33-34, contro la rivolta dei Maccabei) in contrasto con il periodo della monarchia. Ma la pace resta sempre, fondamentalmente, un dono divino:

Il Signore del cielo vi assista questa notte, o figlio, e vi conceda la sua misericordia e la sua pace (Tb 7,12)

Fedele alla tradizione ebraica, il cristianesimo primitivo combina i temi reali davidici con le aspettative del messianismo profetico di un’età di pace in cui le spade vengono trasformate in vomeri. La proclamazione della “pace” nella predicazione cristiana primitiva, in alcune occasioni, si riferisce infatti all’età messianica della pace in opposizione alle realtà contemporanee di guerra e sofferenza, e allora il collegamento con le nozioni ebraiche di pace come “assenza di guerra” è ancora più chiaro (At 10,36; Rm 10,15; Col 3,15).
A livello personale, l’uso tipico di “pace” è un auspicio di benessere” (1 Tm 2,2). A un individuo si augura di “andare in pace” (ad es. Mc 5,34; Lc 7,50; 8,48; At 16,36) o di “essere in pace” (Lc 24,36; Gv 20,19; 21,26). Paolo raccomanda spesso “pace” nei saluti iniziali delle sue lettere (Rm 1,7; 1 Cor 1,3; 2 Cor 1,2; Gal 1,3; cfr. 1 Pt 1,2). “Pace” può anche riferirsi a un attributo della relazione con Dio (At 10,36; Rm 5,1; 8,6; 15,13; Fil 4,7; cfr. Ef 6,15), come pure all’assenza o al contrasto con la guerra e la violenza interpersonale (Mt 5,9; Lc 14:32; Rm 12,18; Gc 3,18). Pertanto la nozione tardo-ebraica di nonviolenza non è assente dal discorso etico del Nuovo Testamento. Certamente, però, le concezioni preponderanti dipendono dall’intero contesto etico di pace e pacificazione testimoniato negli insegnamenti di Gesù e nella pratica della Chiesa primitiva. Per questo motivo, la sola analisi lessicale non è sufficiente a una piena comprensione del concetto biblico o dell’etica della pace.
Il contesto apocalittico della nonviolenza cristiana primitiva è inconfondibile e si riferisce chiaramente a temi come le battaglie angeliche in Dn 7-12. I divieti di uccidere persino nell’esercito, ampiamente documentati nei primi tre secoli del cristianesimo, attingono a questa tradizione interpretativa ebraica e paleocristiana. Tali tradizioni ebraiche di pace e nonviolenza sono riconoscibili anche a Qumran e nei primi insegnamenti rabbinici, in particolare negli insegnamenti del maestro rabbinico del I secolo d. C. Yohanan ben Zakkai.

Costruttori di pace

In ogni caso, da Matteo e Luca, in particolare, emerge il ritratto di un Messia “militante non violento”, davidico ma disarmato, che insegna ad “amare i nemici” (Mt 5,44) e a “deporre le spade” (26,52).

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio (5,9).

Dio, che ama l’umanità e tutta la creazione con cuore di Padre, ha su tutti un progetto di concordia e armonia. Per questo, chi si prodiga per costruire la pace, rivela al mondo l’amore di Dio e si manifesta come suo figlio. Ciò vale in massimo grado per il Figlio, cioè per Gesù, che non ha esitato a dare la vita per noi e ci ha lasciato in dono la pace:

Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore (Gv 14,27).
Animati dal dono della pace, che coincide con il dono dello Spirito Santo (Gv 14,16.27), c’impegniamo a promuovere il dialogo e l’incontro tra persone e gruppi, diversi per tradizioni culturali e punti di vista, scoprendo in questa varietà una grande ricchezza:
“Uno è il nostro Padre, noi siamo fratelli. Amiamoci come fratelli. E se discutiamo tra noi, che sia come fratelli che si riconciliano subito, che tornano sempre a essere fratelli” (Papa Francesco, 28.11.2017).

La battaglia spirituale e le nozze dell’Agnello

Nell’immaginario paolino compaiono poi le “armi” dello spirito, dove la “guerra” non è contro il sangue e la carne” (Ef 6,10-17; cfr. Is 59,17), ma è una battaglia spirituale.
L’ultima parola è la vittoria definitiva del Messia glorificato, che consegnerà a ciascuno il suo salario, e instaurerà la pace per sempre, dando pieno compimento alle attese dei giusti di ogni tempo, come attesta Giovanni nell’Apocalisse:

10   E aggiunse: «Non mettere sotto sigillo le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino. 11 Il malvagio continui pure a essere malvagio e l’impuro a essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora.

12   Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere. 13 Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine. 14 Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all’albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città. 15 Fuori i cani, i maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna!

16   Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino» (Ap 22,10-16).

Facciamo crescere i germogli di pace e fraternità, che Cristo ha seminato con abbondanza nel mondo, e le nostre città diventeranno più aperte ed umane, e somiglieranno di più alla Gerusalemme che aspettiamo dal Cielo, adorna come una sposa per le nozze dell’Agnello (cfr. Ap 21,2).

Quale speranza e programma migliori per un mondo attanagliato da mille guerre nascoste?