Quale senso e quale vissuto della bellezza oggi?

Come vivere oggi la bellezza in un momento come quello che stiamo attraversando, ancora così segnato dalle ferite inferte dalla pandemia? In che senso si può parlare oggi di bellezza? E come viverla? Ovvero in che modo interpretarla in un tempo complesso come il nostro in cui al termine bellezza (alle sue forme, al suo valore, nella società e nella vita, e alla sua stessa identificazione) si associano molteplici e spesso contradditori significati?

È sotto gli occhi di tutti infatti quanto possa essere effimera e fuorviante tanta odierna produzione estetica presentata come bellezza priva di un orizzonte di senso, consumata in una pura e non di rado banale presa emotiva, senza un connesso sentire profondo, intuitivo ed esistenziale. Ebbene, proprio in tale contesto postmoderno, dominato spesso da smarrimento e confusione, osiamo proporre la bellezza come cura della relazione personale, come stupore che apre al mistero e genera senso, come un atto d’amore verso il creato e le sue creature. Oggi ancor più intensamente tornano a vibrare in noi quelle parole pronunciate da papa Paolo VI a sigillo del Concilio Vaticano II: «Questo mondo nel quale noi viviamo ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione. La bellezza, come la verità, mette la gioia nel cuore degli uomini ed è frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione».

Avvertiamo con particolare acutezza l’urgenza e la responsabilità di rigenerare un’estetica della fede al servizio della cultura e della spiritualità del nostro tempo, anche come superamento dei vuoti estetismi che ingombrano il nostro quotidiano riducendo il bello a maschera e cosmesi. Abbandonando ogni vuota retorica, proviamo a ripercorrere l’antica via della bellezza (via pulchritudinis) saggiandone la sua rilevanza conoscitiva, ontologica e salvifica, lasciandoci pro-vocare dall’incontro con essa, nella rinnovata consapevolezza che: «La forza della bellezza esiste in misura non minore della forza magnetica e di quella di gravità» (P.A. Florenskij, Lo spazio e il tempo nell’arte, 45). Ebbene, siamo ancora in grado di riconoscere la portata di questa forza, oltre la sciatta parodia cosmetica e la sacralizzazione retorica?

Non è nostro intento in queste pagine inseguire teoretiche definizioni di bellezza, né aprire un dibattito sulle sue differenti interpretazioni che aggrovigliano il pensiero estetico contemporaneo. Desideriamo piuttosto suscitare un rinnovato confronto tra diversi studiosi e testimoni di bellezza, a partire da una prospettiva credente ancorata al loro vissuto, alle loro specifiche competenze, alle loro esperienze spirituali, alla loro cultura. È implicito nella nostra proposta un approccio ecumenico e interconfessionale al tema, che connota il nostro impegno nell’intento di cogliere il nesso più profondo tra le diverse forme dell’arte con le differenti esperienze di fede.

Alcuni interventi a tale proposito ci paiono rilevanti, per orientare una riflessione e aprire al dialogo e al confronto, senza mai dimenticare, come ci ricordano alcuni testi biblici e patristici, che nella bellezza è custodito il nome stesso di Dio. La bellezza ci lascia percepire non solo con l’intelletto, ma con tutti i nostri sensi, che c’è “un di più” dentro le cose, è fessura aperta sul di più, sull’oltre, sul mistero, sull’Infinito.

Questi sguardi diversi e complementari su come vivere oggi la bellezza ci aiutano anzitutto a riconoscerla e a custodirne il senso della sua esperienza e trascendenza, attraverso la celebrazione del quotidiano, la qualità degli affetti, le differenti forme della creatività e dell’arte che diventano poesia, armonia, gratuità, gioia disinteressata… nutrimento dell’anima e del corpo.

Giorgio Agnisola
Alfredo La Malfa
Natalino Valentini

Intervengono nel dibattito sul tema gli studiosi:
Andrea Bellandi, Jonathan Simone Benatti, Chiara Bertoglio, Edoardo Castagna, Giuseppina De Simone, Emanuela Fogliadini
e l’artista Antonio Mottolese
Gli interventi ⪼